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L'affondo finale di Boris: "La May? Un'invertebrata"

Il durissimo editoriale di Johnson sul piano Brexit del governo: «Un disastro democratico»

L'affondo finale di Boris: "La May? Un'invertebrata"

Anche quest'anno rischia di non farcela a mangiare il panettone. E in effetti, come dodici mesi fa, Theresa May potrebbe non arrivare al Christmas pudding, il tipico dolce natalizio inglese, dopo l'attacco frontale con cui il collega di partito e paladino di una Brexit dura, Boris Johnson, ha inferto l'ennesimo colpo alla leadership della premier britannica, alla vigilia del Congresso del Partito conservatore che si apre domani a Birmingham. Il piano Chequers «è un'umiliazione morale e intellettuale per questo Paese», un «disastro democratico» scrive nella sua rubrica settimanale sul Telegraph il principale sfidante interno di Lady May, che lancia così il suo Manifesto per la Brexit.

Che i coltelli siano affilati è un eufemismo. Due mesi dopo aver lasciato il suo incarico di ministro degli Esteri, proprio in disaccordo con il piano elaborato dal primo ministro per l'uscita dall'Unione europea, BoJo torna nei panni di caposquadra dei Brexiters favorevoli a un'uscita netta (fuori da mercato comune e unione doganale) e sfida il capo di governo. A luglio Johnson aveva detto: «Il sogno della Brexit sta morendo». Oggi rincara la dose. «La performance del governo è piuttosto invertebrata - spiega l'ex ministro, che definisce nuovamente la Ue «un superstato privo di qualsiasi reale controllo democratico» -. C'è stato un fallimento collettivo dell'esecutivo» e «il collasso della volontà dell'establishment di dar corso alla volontà popolare». Parole chiare, come quelle del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk che una settimana fa ha definito «morto» il piano Chequers, secondo cui il Regno Unito resterebbe dentro al mercato unico nel settore dei beni e non in quello dei servizi.

Johnson sottolinea la debolezza del Regno Unito nelle trattative con Bruxelles, dovuta - dice - «alla riluttanza del governo a prendere qualsiasi azione per portare a compimento la più importante richiesta della Brexit», l'addio all'unione doganale. Pur riconoscendo che la Gran Bretagna «è spiritualmente e storicamente un Paese europeo» e che Theresa May ha ragione nel dire che la futura relazione con la Ue «non deve essere distante», Johnson propone la sua strada, sulla quale già converge una parte dei Tory contrari alla soft Brexit. Il modello, per Johnson, è un accordo di libero scambio come quello tra Ue e Canada, che prevederebbe l'eliminazione dei dazi doganali e il riconoscimento che sia gli organi di regolamentazione britannici che quelli europei sono capaci di assicurare la conformità dei beni sulla base dei rispettivi standard. Il governo replica: «La proposta di Johnson non garantisce alcuna intesa e mette a rischio posti di lavoro». Ma Boris ne fa una questione esistenziale: «Dobbiamo decidere chi siamo». Da domani si decide se Theresa May arriverà al Christmas pudding.

O se Johnson è al capolinea.

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