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L'aiutino della Boldrini. Quell'errore sul voto che alimenta sospetti

Gaffe tecnica, il tabellone svela le scelte segrete di ogni deputato. Lei si scusa ma è bagarre

L'aiutino della Boldrini. Quell'errore sul voto che alimenta sospetti

Roma - Il voto alla Camera sulla legge elettorale è segreto, ma sul cartellone elettronico pallini verdi e rossi denunciano chi ha votato pro o contro l'emendamento. Dovrebbero essere di un azzurro neutro e quando la presidente Laura Boldrini si accorge di quel che sta accadendo alle sue spalle sbarra gli occhi, annaspa, protesta, ripetendo tre volte con voce tremante: «No, è a voto segreto!». Aggiunge un incerto «l'avevo già detto», si giustifica con un «errore materiale», «un disguido», ma i pochi secondi hanno ormai rivelato le posizioni di ogni deputato.

È la prima volta che si vede una cosa del genere in Parlamento. In aula scoppia il caos, gli animi sono già surriscaldati perché siamo all'emendamento dell'azzurra Michaela Biancofiore che cambia il sistema elettorale del Trentino Alto Adige e risulta chiaro che il parere contrario di Pd-Fi-M5s e Lega è stato ignorato da troppo, che è stato affossato il patto a quattro sulla riforma.

La Boldrini cerca di mettere una toppa, si torna a votare e stavolta con il segreto anche sul tabellone. Però, la figuraccia c'è tutta, lo strappo dell'accordo è sancito e le proteste montano. «È chiaro quel che è successo. Le procedure tecniche erano già state attivate dopo il mio annuncio che il voto era segreto: c'è stato un errore materiale, non lo nego. Mi dispiace che sia accaduto. Ora andiamo avanti», si giustifica la presidente.

In molti hanno visto come sono andate le cose. La Boldrini accoglie la richiesta di voto segreto, ma poi inizia uno scambio di battute con il deputato Zaccagnini sul regolamento e quando alla fine dichiara aperta la votazione non ripete che è a scrutinio nascosto. La ripresa dell'aula mostra chiaramente il tecnico con i capelli bianchi seduto alla sua destra che, al momento del tabellone palese, ripete per quattro volte, scuotendo la testa: «Non l'ha detto».

L'immagine finisce subito sui social network e si scatenano le accuse reciproche tra Pd e M5s. «I #cinquestelle fanno fallire la #LeggeElettorale. Per pochi secondi il voto è stato palese, loro hanno votato a favore questa è la prova», dice il dem Emanuele Fiano. «La matematica non è opinione. #pd ha 282 deputati, 36 non hanno votato. Sarebbero bastati. Se non si va a votare è colpa Pd», replica il pentastellato Carlo Sibilia.

Il Fianum è morto, il patto a quattro pure e anche la Boldrini non si sente molto bene, per citare Woody Allen. Il deputato Massimo Corsaro riassume quel che dicono in molti: «Il responsabile di ciò deve essere allontanato». Parte la caccia al tecnico sfortunato, ma sarà così facile scaricare su di lui ogni responsabilità? Come nel 2013, quando saltò la testa del capo della sicurezza di Montecitorio per le false foto osè della Boldrini circolate su Facebook.

Il paradosso è che poco prima dell'incidente proprio la presidente era stata chiamata a farsi garante della riservatezza dello scrutinio, impedendo l'annunciata manovra del M5s (per difendersi dall'accusa di coprire dei franchi tiratori) di filmare ogni voto grillino. «Fu Mussolini nel 1939 ad abolire il voto segreto nella Camera dei Fasci e della Corporazioni», aveva ricordato il capogruppo di Mdp, Francesco Laforgia. E il numero uno dei deputati Ap Maurizio Lupi Ap aveva chiesto alla Boldrini appunto di garantire il riserbo sul voto. «La presidenza - aveva risposto lei, solennemente - garantisce la segretezza del voto attraverso il sistema elettronico. Poi c'è il regolamento che vieta di fare riprese in Aula ma non si può chiedere alla presidenza di andare a vigilare deputato per deputato».

Neppure ce n'è stato bisogno, visto che alla fine il tabellone quello scrutinio l'ha reso palese per tutti.

Alla faccia della segretezza.

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