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L'allarme degli egiziani d'Italia: "In migliaia pronti a fuggire qui"

Ma dal Cairo nuovo affronto: «Vicenda strumentalizzata politicamente»

Manifestazione per chiedere giustizia per Regeni a Roma
Manifestazione per chiedere giustizia per Regeni a Roma

Nessuna verità sulla morte di Giulio Regeni. Nessun colpevole. Mille versioni fantasiose ed ipotesi strampalate. Ed una «collaborazione» da parte dell'Egitto che sa di presa in giro. L'Italia, finalmente, ha sbattuto i pugni sul tavolo e rimandato a casa gli investigatori egiziani dopo un summit rivelatosi inutile. L'ambasciatore al Cairo Maurizio Massari è rientrato a Roma. E gli egiziani d'Italia alzano la voce contro il regime di Al Sisi. «È un dittatore, un terrorista e un assassino», gridano dal comitato «libertà e democrazia per l'Egitto» ieri in piazza a Milano. Chiedono verità e giustizia per Regeni e accusano Al Sisi di aver fatto sparire nel nulla almeno altri 50mila ragazzi egiziani che hanno fatto la stessa tragica fine del ricercatore friuliano nel silenzio generale. «Quello che è accaduto a Regeni, torturato e ucciso da una regime che ha paura di tutto, ha portato sotto gli occhi di tutti quello che sta accadendo in Egitto - spiega Omar Jibril, vice presidente nazionale del comitato -. È un regime sanguinario a tutti gli effetti, chiediamo che la comunità internazionale intervenga con un embargo. Il richiamo dell'ambasciatore da parte dell'Italia è il primo passo, ora interrompano tutte le relazioni». Jibril, italo-egiziano, lancia poi l'allarme, concreto, per il nostro Paese: «L'Egitto è una polveriera, c'è il rischio di una guerra civile. In Italia c'è la più grande comunità egiziana all'estero e se la situazione degenerasse arriverebbero tutti qui, a migliaia».

Intanto la tensione diplomatica tra Italia ed Egitto resta altissima. Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, dal Giappone, torna a criticare gli inquirenti egiziani che hanno negato all'Italia i tabulati telefonici relativi al giorno della scomparsa di Regeni. «Le indagini investigative nel mondo si fanno molto spesso basandosi sui tabulati e sulle intercettazioni. Se così non fosse, buona parte delle indagini che si fanno anche nei Paesi più attaccati alla privacy non si farebbero. È così dalle Alpi alle Piramidi», ha detto aggiungendo che l'Italia non rinuncerà alla verità che è «un'esigenza per la famiglia e per tutto il Paese».

E l'Egitto che dice? Pur messo all'angolo e sotto pressione, continua sulla sua linea di negligenza e anzi attacca il nostro Paese. In un intervento telefonico trasmesso da una tv privata, il portavoce del ministero degli Esteri egiziano Ahmed Abou Zeid ha sostenuto che in Italia «alcuni dossier, come il caso Regeni, vengono sfruttati per questioni interne».

Dichiarazioni sprezzanti che allontanano, ancora, la verità.

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