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L'allarme degli imprenditori: scivoliamo nella stagnazione

Preoccupazione dal Forum di Confcommercio: "Basta confondere la disuguaglianza con la povertà"

L'allarme degli imprenditori: scivoliamo nella stagnazione

«Non siamo precipitati nel gorgo della recessione, ma stiamo scivolando nel pantano della stagnazione. Ci vorrebbero più investimenti per iniettare risorse in un Paese anemico e sfiduciato, invece il dibattito gira intorno ala redistribuzione di una ricchezza che c'è sempre di meno. Come un tesoro che non luccica più. Errore, grave errore», dice dal palco del ventesimo Forum di Confcommercio il presidente Carlo Sangalli. «Si confonde la disuguaglianza con la povertà assoluta, che non c'entra niente», precisa Mariano Bella, il direttore del Centro studi, seduto accanto al numero uno della potente organizzazione. Ai leader del governo, a Conte, a Di Maio e pure a Salvini, che oggi sarà qui, devono fischiare le orecchie. Nessun riferimento diretto, nessuna bocciatura con nome e cognome e però l'analisi è impietosa.

Spiega Bella, con l'aiuto di grafici e tabelle: «La disuguaglianza è passata nella Ue dal 30,6 al 30,7 per cento in dieci anni. Una variazione quasi impercettibile». E in Italia? «L'aumento è stato di sette decimi di punto, una percentuale trascurabile». La platea è una successione di facce disorientate. Ma Bella insiste: «In Italia il quinto più fragile della popolazione produce il 2,3 per cento del reddito e paga lo 0,6 per cento delle imposte. Il quinto più ricco, invece, produce il 48,8 per cento del reddito e versa il 67,6 per cento delle imposte. Più redistribuzione di così». Ed ecco l'affondo che fa a pezzi, senza nominarla, la politica economica del governo gialloverde cominciando dal reddito di cittadinanza: «In Italia l'area della povertà assoluta conta 5,05 milioni di persone. Il problema c'è. Ma non c'entra con la disuguaglianza. La cura contro la povertà assoluta è la crescita economica». Insomma, più investimenti, più innovazione, più infrastrutture, più lavoro e meno sussidi, meno mance, meno assegni a chi sta seduto sul divano del salotto. «Se la povertà assoluta - aggiunge il relatore - dipende dalla (mancanza di) crescita, la disuguaglianza dovrebbe essere combattuta con trasferimenti pubblici, cioè con politiche di redistribuzione. Ma se si sbaglia la diagnosi - è la conclusione tranchant - quasi certamente si somministrano medicine sbagliate e costose».

Naturalmente molti economisti non saranno d'accordo ma per il governo e particolarmente per la Lega a trazione salviniana questo è un campanello d'allarme da non sottovalutare: la cura sta indebolendo un paziente già debilitato e le prospettive per il biennio 2019-20 non sono per niente buone: «La crescita sarà quest'anno dello 0,3 per cento - annuncia un corrucciato Sangalli - e nel 2020 si arriverà allo 0,5 per cento, sempre che si riesca a disinnescare le clausole di salvaguardia». Il macigno dell'Iva pari a 23,1 miliardi di euro, sospeso sulle teste dei contribuenti. Tecnicamente non è recessione, perché non c'è il segno meno, ma stagnazione. E però, al di là delle schermaglie lessicali, poco cambia.

Il motore della nostra economia va a regime ridotto e il gap con l'Europa cresce. «È inutile prendersela con la Ue - insistono Sangalli e Bella - tutti i raffronti mostrano il nostro ritardo e il nostro affanno. Noi abbiamo un problema che viene da lontano, da prima dell'ingresso nell'euro, che si chiama bassa crescita». E che ha altre origini: dalle troppe tasse, alla giustizia che funziona male alla logistica antiquata.

Una tabella riassume il nostro declino: il Pil reale per abitante nel 2018 era di 101,2 facendo 100 nel 1999. Siamo immobili. Come un gufo impagliato. Nella stesso periodo la Francia era arrivata a 116,4, la Spagna a 122,8, la Germania a 128,3. «Bisogna rimettere in moto gli investimenti e la crescita - è l'appello di Sangalli - trasformando in cantieri ed opere gli oltre 100 miliardi di euro programmaticamente disponibili per interventi infrastrutturali». Ma, almeno per ora, si va in un'altra direzione.

E i nodi si ingarbugliano sempre di più.

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