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A Lampedusa 70 sul barcone A bordo anche profughi libici

A Lampedusa  70 sul barcone A bordo anche profughi libici

È la guerra civile in Libia una della ragioni per cui navi cariche di uomini in cerca di nuovi Paesi e vite nuove hanno ricominciato a solcare le acque del Canale di Sicilia e della rotta centrale del Mediterraneo. Un barcone con settanta migranti a bordo (in un primo momento sembrava che fossero novanta) è stato intercettato nel pomeriggio in acque italiane mentre si dirigeva in Sicilia. Unità militari italiane sono intervenute nonostante il barcone non fosse in difficoltà: una motovedetta della Guardia di Finanza e una della Guardia costiera hanno trasferito i migranti a Lampedusa. Secondo fonti del Viminale, 53 si sarebbero dichiarati tunisini e 17 libici, direttamente in arrivo da un Paese in guerra. Tra di loro, tutti adulti, una donna.

Il Viminale, che non ha negato l'approdo, attacca. «In Italia si rispettano le regole. Siamo già al lavoro - ha detto nel tardo pomeriggio il ministro dell'Interno, Matteo Salvini - affinché i clandestini arrivati a Lampedusa vengano rispediti a casa loro nelle prossime ore». Sarà necessario identificare i migranti, stabilirne la nazionalità e capire se hanno diritto a una richiesta di asilo. Fatalisti i toni del sindaco, Totò Martello: «Sono la dimostrazione che siamo un porto aperto». A Lampedusa gli approdi di barche di fortuna non si sono mai interrotti, anche se il barcone approdato ieri riapre una stagione che sembrava chiusa.

Oi, Unhcr e Unicef chiedono con urgenza lo sbarco dei 62 migranti da nove giorni a bordo della Alan Kurdi della Sea eye, bloccata in acque maltesi. Le Agenzie insistono sulla «priorità di salvare vite in mare e assicurare un luogo di sbarco sicuro e tempestivo. La situazione in Libia rende necessario stabilire meccanismi di sbarco in Paesi sicuri che in linea con tutte le convenzioni internazionali che non consentono di ritenere la Libia in un porto sicuro».

SCot

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