Economia

L'appello della difesa: "Crac Cirio, a Geronzi va sospesa la pena"

Cesare Geronzi e Matteo Arpe quando erano ai vertici  di Capitalia
Cesare Geronzi e Matteo Arpe quando erano ai vertici di Capitalia

Evitare all'82enne Cesare Geronzi l'onta dell'arresto, e avviarlo direttamente verso la strada dell'affidamento ai servizi sociali: è questo l'obiettivo con cui i legali dell'ex presidente di Capitalia hanno chiesto ieri alla Procura generale di Roma di sospendere l'esecuzione della condanna a quattro anni di carcere confermata dalla Cassazione per il crac Cirio. Grazie all'indulto varato nel 2006, a Geronzi resta da scontare un solo anno, e ha quindi diritto all'affidamento.

Ma i tempi burocratici per ottenere la misura sono lunghi, e se l'iter non venisse sospeso Geronzi rischierebbe l'arresto in attesa delle decisioni del tribunale di sorveglianza di Roma. I difensori dell'ex banchiere, Ennio Amodio e Franco Coppi, hanno anche annunciato che in futuro potrebbero chiedere la revisione della sentenza, visto che in un altro processo (ancora in attesa dell'appello) Geronzi è stato assolto «perché il fatto non sussiste» in relazione alla stessa vicenda, la supervalutazione del comparto latte della Cirio, che sta alla base della condanna in Cassazione.

Ma nel frattempo su Geronzi rischia di piombare una tegola che appesantirebbe la sua situazione: la Cassazione starebbe per rendere definitiva la condanna a quattro anni e mezzo di carcere inflittagli dalla Corte d'appello di Bologna per concorso nella bancarotta Parmalat. La Suprema Corte, accogliendo un ricorso dei difensori di Matteo Arpe, coimputato di Geronzi, pare intenda trasmettere alla Corte Costituzionale il fascicolo, ma solo per un dettaglio minore della condanna, cioè le cosiddette «pene accessorie».

Verrebbe invece confermata e diventerebbe definitiva, una volta depositato il provvedimento, la pena detentiva inflitta a Bologna.

E questo rischia di rendere impraticabile la strada dell'affidamento ai servizi sociali.

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