L'appunto

Quanta indulgenza per il pugno di ferro del premier

Renzi decisionista, gli altri passano per dittatori

Quanta indulgenza per il pugno di ferro del premier

Qualche mugugno si è levato. Ma niente a che vedere con la ventata di sdegno cui avremmo assistito se a tirare dritto come un treno su una materia tanto delicata come la legge elettorale non fosse stato Matteo Renzi. Nei confronti del leader del Pd, invece, c'è come sempre grande indulgenza. Da parte degli osservatori, che preferiscono concentrarsi sul decisionismo di un premier che non si fa dettare la linea dalla sua minoranza interna. Ma anche da parte della stessa fronda, pronta ad alzare la voce in mille occasioni ma quasi mai disposta ad arrivare alla rottura. Un po' perché il timore è quello che un vero strappo abbia come conseguenza diretta la crisi di governo e le elezioni anticipate (con buona parte degli oppositori interni che resterebbero fuori dal Parlamento), un po' perché la fronda è così divisa, chiassosa e litigiosa che al confronto una scolaresca elementare sembra un convento di clausura.

Così, succede che la sostituzione di dieci deputati dem in commissione Affari costituzionali della Camera sia inizialmente motivo di indignazione fuori dal Pd, con Scelta civica prima e il M5S poi che minacciano di disertare i lavori della Commissione. Poi, con il passare delle ore e comunque con una buona dose di prudenza, sono gli stessi «epurati» a lamentare una «carenza democratica». Chi in maniera più accesa, chi con discrezione, visto che poi l'idea dell'avvicendamento era nota da giorni e pure condivisa da alcuni dei frondisti. La soluzione, d'altra parte, salva capra e cavoli. Permette a Renzi di andare avanti sull' Italicum senza rischi (almeno in Commissione) e consente alla minoranza di salvarsi l'anima visto che può scaricare la colpa sul partito che le ha impedito di votare.

Per diverse ragioni, dunque, una polemica con la sordina. Perché se una cosa del genere l'avesse fatta non solo Silvio Berlusconi ma pure un Enrico Letta qualsiasi allora apriti cielo. E anche se tecnicamente la sostituzione è legittima perché nelle Commissioni il singolo deputato siede in rappresentanza del suo gruppo parlamentare e quindi ne esprime la linea politica, è pur vero che un avvicendamento di massa come quello di ieri è senza precedenti. Eppure, se lo scorso giugno la sostituzione dei soli Corradino Mineo e Vannino Chiti in Affari costituzionali al Senato portò all'autosospensione di ben 14 senatori, oggi che gli «epurati» sono dieci ci si limita a qualche parola sdegnata consegnata alle agenzie di stampa. Nonostante sullo sfondo resti come ipotesi più gettonata quella di mettere la fiducia quando l' Italicum arriverà in Aula.

Che per una legge elettorale sarebbe anche questo un caso senza precedenti.

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