Politica

L'arcivescovo sapeva: «Non potevo fare nulla»

Manila Alfano

Dopo il boato la sorpresa e la presa di distanza. I vescovi calabresi sembrano frastornati e in imbarazzo. Le speculazioni emerse sui migranti sono inaccettabili e lo ribadiscono con forza. «Un prete deve usare solo gli strumenti propri del sacerdozio: il Vangelo e il rispetto del bene comune», dice l'arcivescovo di Crotone Santa Severina, Domenico Graziani che ha immediatamente sospeso dal servizio in parrocchia don Edoardo Scordio. Un provvedimento emesso però dopo aver appreso la notizia dell'arresto. Eppure c'è qualcosa nelle sue dichiarazioni che stride, che quanto meno fa riflettere: «Da quando sono arrivato nella diocesi- racconta l'arcivescovo- ho da subito conferito con i suoi superiori rosminiani circa la necessità di un trasferimento del sacerdote dalla sua sede. Avevo avuto dei sentori. Purtroppo la notizia era nell'aria». Ma come, ci si chiede adesso, non era possibile intervenire in modo tempestivo prima di aspettare l'arresto? Insomma, possibile che non avessero possibilità di intervenire visto che evidentemente qualcosa era già emerso? È sempre l'arcivescovo che sulle pagine di Avvenire precisa la sua posizione comunque delicata: «Come vescovo non potevo intervenire in altro modo perché riguardo alle attività incriminate che sono quelle riferibili alle Misericordie, e non ho responsabilità diretta». Si tratta infatti di un'associazione privata di fedeli. «Per questo- continua Graziani- non ho mai avuto alcun potere per entrare nelle dinamiche amministrative dell'associazione».

Insomma, resta l'amarezza e un senso di impotenza, del clero certo, ma soprattutto del comune cittadino che scopre che in molti già sapevano e non è successo nulla.

Commenti