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Lasciamo ai nostri figli il tempo per l'ozio e per fare i bambini

Lasciamo ai nostri figli il tempo per l'ozio e per fare i bambini

«Mamma, mamma! Vorrei una scuola leggera ma decisamente invitante, che possa coniugare la mia voglia di imparare e di fare il bambino». Non esiste una scuola simile. O forse sì, possa colpirci un asteroide (che poi sarebbe un meteorite).

Chiunque abbia un figlio in età scolare sa che i compiti a casa rappresentano una piccola via crucis quotidiana, che inzeppa le agende e scoperchia i nervi di tutta la famiglia, non solo di «pischelli» che già escono di scuola ben dopo pranzo e che dovrebbero avere il tempo di fare sport, di rilassarsi, di oziare, di giocare, perfino di guardare la tv o giocare alla playstation. Di fare i bambini, che diamine.

D'accordo: i compiti a casa rappresentano uno strumento fondamentale perché il bambino acquisisca autonomia nello studio e nell'apprendimento. Tutti coloro che hanno più di quarant'anni hanno avuto il diario (fosse di Jacovitti o di Snoopy) fitto di compiti «da pagina 62 a pagina 67» e di esercizi «dal 103 al 107 escluso il 106». Ma all'epoca da scuola si usciva a mezzogiorno e mezzo, al massimo all'una, si tornava a casa per il pranzo e i pomeriggi erano lunghi come nelle canzoni di Celentano. Ora i bambini sono piccoli amministratori delegati della Pomeriggi Occupati SpA: escono da scuola alle 16, corrono accompagnati dalla versione all'italiana delle soccer moms a scherma, ad atletica, a tennis, a ginnastica ritmica, poi dal dentista, poi a comprare le scarpe, e quando tornano a casa devono ancora fare i compiti che i professori assegnano malgrado il patto sociale sia che il tempo pieno esoneri da supplementi di lavoro domestico. Ma i professori sono regolarmente in ritardo con il programma e così delegano pilatescamente al lavoro a casa il completamento dell'opera. Con un sovraccarico di stress di cui i nostri ragazzi non hanno certo bisogno.

Il risultato? Pomeriggi trafelati e lacrimosi; senso continuo di inadeguatezza e di arrancamento; mattine di ansia a intingere i Fenici e il teorema di Keplero nel cappuccino.

Una spirale che travolge inevitabilmente anche i genitori (quasi sempre la mamma), che alla fine inteneriti, esasperati, terrorizzati finiscono per aiutare i figli nelle mansioni, di solito armati di buona volontà ma privi delle competenze necessarie. Chi lo ha fatto sa quanto è frustrante cercare di risolvere un'equazione di secondo grado a trentadue anni dall'ultima affrontata e sentire la pressione della febbrile speranza del pargolo.

Vogliamo pomeriggi più leggeri per noi e per i nostri figli.

Senza compiti pesanti come se non più di un asteroide.

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