Economia

L'aut aut dell'Europa: "Basta flessibilità". Torna il rischio Troika

L'Eurogruppo stronca le continue richieste di Renzi. E la proposta del vice di Schaüble: commissariare chi attinge al fondo salva Stati

L'aut aut dell'Europa: "Basta flessibilità". Torna il rischio Troika

Due segnali economici negativi arrivano a Palazzo Chigi e complicano ulteriormente lo scenario di inizio 2016, già funestato dalle turbolenze dei mercati asiatici: i messaggi poco incoraggianti di Bruxelles sulla Stabilità e la creazione di nuovi posti di lavoro più lenta rispetto ai desiderata di Renzi.«L'Italia ha chiesto varie flessibilità, per le riforme, per gli investimenti, per i migranti. L'unica cosa che posso dire è: non spingiamo. La flessibilità si può usare una volta sola. Non si può esagerare», ha dichiarato il presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, riferendosi alla manovra finanziaria sulla quale Bruxelles si è riservata un giudizio ex post. «Manovra correttiva in primavera», ha commentato Renato Brunetta, capogruppo di Fi alla Camera, interpretando le parole di Mister Euro come «una bocciatura». Dijsselbloem ha stigmatizzato il ricorso al deficit per finanziare le spese, come ha fatto il governo Renzi nel 2016 alzando l'asticella del deficit/Pil dall'1,8% al 2,4. E, soprattutto, un avviso bonario ad apportare la correzione di bilancio dello 0,5% del Pil se le riforme non apportassero gli effetti sperati. Oltre 7 miliardi di euro che azzererebbero i benefici dell'abolizione della Tasi sulla prima casa (4,5 miliardi con le altre esenzioni Imu).Il circolo vizioso deficit-debito all'Italia potrebbe costare caro. Negli ultimi giorni i media stanno analizzando più attentamente il dossier «Sviluppo dell'unione economica e monetaria», inviato a Bruxelles dal viceministro tedesco delle Finanze, Jens Spahn, stretto collaboratore di Schäuble. La proposta tedesca, orientata a evitare contraccolpi per i contribuenti da crisi di altri Paesi, prevede - oltre all'arrivo della Troika - la ristrutturazione automatica del debito (cioè il default) per ogni Paese che chieda aiuto al Fondo salva-Stati. Contestualmente, è previsto un allineamento dei titoli di Stato agli ordinari strumenti finanziari, sottolineandone l'implicita rischiosità (oggi sottovalutata in virtù della natura pubblica degli emittenti) in modo da consentire alle banche di alleggerire le proprie posizioni. Solo in seguito, nel 2025, si potrebbe istituire una garanzia comune sui depositi bancari. Per l'Italia sarebbe una vera e propria disdetta: non solo per i 2.200 miliardi di debito pubblico, ma perché il sistema bancario - alle prese con 200 miliardi di sofferenze - è detentore di 403 miliardi dei nostri Btp. L'Italia non è la Grecia ma - vista la ferrea opposizione berlinese tanto all'uso delle clausole di flessibilità quanto all'istituzione di una bad bank con garanzia pubblica che rilevi i crediti dubbi - a fare due più due non ci vuole poi tanto.Basti ricordare la recente intervista al Corriere del consigliere di Merkel, Lars Feld, nella quale si auspicava un bail in delle banche italiane con tanto di ricapitalizzazione pubblica per la quale il governo dovrebbe chiedere aiuto all'Ue. Non è del tutto sbagliato affermare che alla Germania non dispiacerebbe un default italiano se questo la mettesse al riparo dagli attuali rischi. Tali annotazioni hanno rovinato i festeggiamenti renziani per il calo del tasso di disoccupazione che a novembre, ha segnalato l'Istat, ha toccato il minimo degli ultimi tre anni all'11,3 per cento. Come ha notato Paolo Mameli, senior economist di Intesa, «potrebbe essere un anticipo di assunzioni per godere appieno degli incentivi», rinnovati solo parzialmente dalla Stabilità. Per l'esperto non sarebbe da escludere «un contraccolpo negativo a inizio 2016».

Renzi e Padoan devono pedalare duro.

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