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Dopo l'auto, anche la birra: ecco le marchette dei grillini

Prima la norma «pro Tesla», ora quella per i produttori della bevanda. Come i clienti del 5s Adelizzi, che esulta

Dopo l'auto, anche la birra: ecco le marchette dei grillini

Beati gli stolti, perché non sanno quel che fanno. E mannaggia pure a questo mito farlocco dell'«integrità morale» che segna i tempi della vanità che viviamo.

Miscela altamente esplosiva, per la mite e compiaciuta ingenuità dell'onorevole grillino Cosimo Adelizzi, già direttore commerciale della ditta di famiglia «Adelizzi Bevande», che ieri ha smosso le onde del web per la propria inconsapevole voglia di «fare» (meglio: di comparire). Magari persino di restare fedele, fino alla cecità, ai comandamenti etici varati dalla propria azienda che, come si legge sul sito, «rinfresca la vita» oltre che raccomandare, nel contempo, «onestà, trasparenza, collaborazione, eccellenza e responsabilità». Così, se un tempo un deputato che avesse interessi in un settore, faticava nottetempo pur di mantenerli segreti, l'onorevole Cosimo (emulo di quel «Trombetta» incontrato da Totò nel «vagon lì») non si è contenuto. E ha comunicato in un video, urbi et orbi, la sua gioia per l'emendamento «infilato nella manovra» che riduce le accise sulle birre artigianali del 40%, così da favorire il settore dei microproduttori. «Daremo una grossa mano al settore che rappresenta uno strumento di sviluppo economico», declamava Adelizzi, raccomandando a tutti di «brindare con una buona birra artigianale italiana» che, forse, «ora potrà costare meno» (non è detto).

In mancanza di una legge sulle lobby, sia chiaro, l'entusiasmo dell'onorevole ebolitano per un codicillo che aiuta un settore da lui commercializzato, equivale a un atto di coraggio. Considerato che sui suoi profili social, assieme alle congratulazioni, sono fioccati anche i dubbi di coloro che intravvedevano un conflitto d'interesse. Piccolo o grande che sia, come quello che innalza da 45mila a 50mila euro il limite per ottenere il bonus di acquisto di un'auto elettrica (in modo da far rientrare tra i modelli anche una berlina Tesla, la medesima ditta che aveva partecipato al tavolo automotive convocato dal ministro dello Sviluppo, Luigi Di Maio). Per carità, di «regalini» a Fiat o altre industrie «amiche» è lastricato il cammino di qualsiasi manovra della storia. A esser cambiato, forse, è l'atteggiamento sempre cocciutamente inconsapevole di questi nuovi imberbi padroni del vapore che, come lamentato dalla Bonino in lacrime, «hanno perduto il senso dello Stato». Soprattutto della misura, verrebbe da aggiungere. Considerato che, in seguito alle proteste del web, rilanciate dai siti d'informazione, il novello «Trombetta» ha dovuto poi precipitarsi a prendere le distanze, soprattutto ammettendo che l'emendamento per il quale gioiva «non è stato proposto da me, e non reca neppure la mia firma». Così che parlare di «conflitto d'interesse» nel caso di questa piccola azienda di distribuzione di cibi e bevande che opera nel Salernitano potrebbe sembrare esagerato. Se non fosse, appunto, per il totale smarrimento del confine tra l'attività pubblica e quella privata, favorito dall'incedere tumultuoso di eventi impensabili.

Tipo l'arrivo in Parlamento di questo Cosimo Trombetta riveduto e corretto, aiutato nel collegio Campania 2 presumibilmente dall'«indotto» delle ditte con le quali opera. Alle quali, alla prima occasione, vuole far sapere che il loro voto non è stato sprecato e si affretta a indossare le penne del pavone. Il principe de Curtis, naturalmente, gli avrebbe dedicato un più che sonoro: «Ma mi faccia il piacere!...

».

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