Politica

«L'autoriciclaggio è una mina vagante»

Il presidente dell'Unione delle camere penali critica la legge: «Si rischia di punire due volte per lo stesso reato»

RomaTroppo generiche ed estese, preoccupanti per l'eccessiva discrezionalità ai pm e per i problemi interpretativi, pericolose perché possono colpire troppo duramente comportamenti non gravi, diversi da quelli nel mirino delle norme. Insomma, «mine vaganti».

Hanno gli stessi difetti, per i penalisti, il nuovo reato di autoriciclaggio e quello modificato di falso in bilancio, che il governo Renzi annuncia di voler fare approvare in Parlamento entro l'anno, per potenziare gli strumenti contro la criminalità economica. E gli avvocati si preparano ad esporre in parlamento le loro critiche.

Presidente Beniamino Migliucci, lei è da poco presidente dell'Ucpi: quali sono le vostre obiezioni, cominciando dall'autoriciclaggio che oggi approda in Commissione Finanze della Camera?

«Il nuovo reato, come è stato presentato dal governo, rappresenta un vulnus al principio del ne bis in idem, cioè non si può essere puniti due volte per lo stesso fatto. In questo caso si colpisce per il reato presupposto per acquisire denaro illecito e poi di nuovo per l'utilizzo di quel denaro. Così si crea una norma ad ampio spettro che consente ai pm, con grande discrezionalità, di colpire chiunque, anche per condotte modeste, dal piccolo furto alla piccola ricettazione. Ecco perché parliamo di una mina vagante».

L'autoriciclaggio è nel provvedimento sul rientro dei capitali e il governo preme per spaventare chi li ha occultati in Italia o all'estero, perché approfitti degli sconti previsti per un anno e si decida ad autodenunciarsi.

«D'accordo, e il fatto che la proposta di legge sia in Commissione Finanze e non in quella Giustizia la dice lunga. Ma non si può per questo scardinare i criteri alla base dell'ordinamento . Se il giusto obiettivo del nuovo reato è colpire i proventi della criminalità organizzata e politico-finanziaria che inquinano il sistema economico, bisogna evitare di perseguire troppo diffusamente condotte modeste che non hanno nulla a che vedere con queste finalità e non meritano una doppia sanzione per lo stesso fatto. Insomma, circoscrivere il reato».

In che modo?

«Indicando tassativamente che il reato presupposto riguarda quelli tipici di criminalità organizzata e politico finanziaria. Dunque, chi reimpiega denaro di provenienza illecita, cancellando le condotte di sostituzione o trasferimento del denaro. Forse, si dovrebbe inserire un dolo specifico: colpire chi conseguisce un vantaggio diverso, rispetto a quello derivato dal primo reato».

Per il pm di Milano Francesco Greco, che ha collaborato agli studi sul nuovo reato, senza l'autoriciclaggio non si può combattere l'evasione fiscale. È d'accordo?

«In realtà, ci sono problemi interpretativi. Perché il denaro portato all'estero per evadere le tasse già fa parte del patrimonio della persona, non nasce da un reato. Questo aspetto appare discutibile».

Le pene previste dal governo - da 1 a 4 anni, se il reato all'origine è punito sotto i 5 anni e da 2 a 8 se supera questo tetto - sono troppo pesanti?

«Ritengo che le pene per l'autoriciclaggio non dovrebbero superare quelle del reato presupposto».

Il ministro Orlando ha detto che entro la prossima settimana la Ragioneria dello Stato verificherà la copertura finanziaria del falso in bilancio, nel ddl anticorruzione, e la strada sarà spianata. Il suo giudizio?

«Il reato era già punito e ampliare eccessivamente l'area anche qui consente una discrezionalità eccessiva dei pm. Ci sono aumenti rilevanti di pena, non ancorati ai casi gravi come la frode o l'intento di ingannare i soci creditori. Credo che sia un errore punire non solo il dolo intenzionale, ma anche quello eventuale. Chi fa errori, omette qualcosa o introduce falsità viene colpito come chi ha l'intezione di ingannare, mentre le due condotte prima erano distinte.

Allargare molto il campo, permette incursioni nella vita delle società non necessarie».

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