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L'autunno caldo degli industriali

L'autunno caldo degli industriali

Mai dire mai. Se un tempo a minacciare gli «autunni caldi» erano gli operai, oggi a scendere in piazza potrebbero essere gli stessi imprenditori molto preoccupati per la manovra economica che sarà varata dal governo gialloverde e che, nonostante le rassicurazioni del premier Conte e del ministro Tria, rischia di mettere l'Italia fuori gioco in Europa. Nel caso, gli industriali sarebbero pronti ad accogliere a braccia aperte Antonio Tajani che, temendo una tempesta peggiore di quella registrata nel 2011, ha dichiarato di voler marciare assieme agli industriali sul piede di guerra. Ma esiste sul serio la possibilità concreta di una mobilitazione generale dei «padroncini»? L'ultimo a confermarla è stato Michelangelo Agrusti, presidente di Unindustria Pordenone, una delle roccheforti del Nord-Est: «Non è detto che ciò non accada». E lo stesso «numero uno» di Confindustria, Vincenzo Boccia, di solito piuttosto prudente, si è allineato alle posizioni degli industriali padani parlando «di un nervosismo molto elevato del nostro mondo», anche se lui si augura ancora di non dover arrivare all'«autunno caldo» di coloro che una volta erano chiamati i «sciur» Brambilla. In tal senso, il messaggio lanciato da Tajani ora rafforza l'ipotesi di un possibile «show-down».

Ma come si è arrivati a una situazione così delicata? Le interpretazioni e i commenti sono tanti, meglio sentire di nuovo il parere del presidente di viale dell'Astronomia: se è vero che l'agenzia di rating Fitch ha spostato in avanti il verdetto sulla stabilità dell'economia italiana, le prospettive restano negative «perché non c'è corrispondenza tra la tenuta dei nostri conti pubblici e quanto affermano di voler fare importanti esponenti dell'esecutivo». Ergo: lo spread continua salire non certo per colpa di qualche fondo americano un po' pazzerello. Sul tappeto ci sono pure altri problemi: la crescita rallenta e, secondo l'Istat, calano i lavoratori stabili. Possiamo ancora contare sui fondamentali della nostra economia e sul fatto che il made in Italy continua ad essere secondo in Europa, ma quanto durerà? Proprio per questo, secondo Boccia, «occorre passare dai proclami ai fatti». Se il governo non terrà conto di queste osservazioni, il mondo imprenditoriale con i mal di pancia scenderà in piazza e sarà una prima volta.

La conclusione del capo degli industriali non dà adito a dubbi: «Dobbiamo davvero sapere quale Paese vogliamo costruire in futuro».

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