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L'Avana, morta un'italo-cubana La linea aerea non poteva volare

Ancora sconosciuta l'identità della donna naturalizzata Alla «Global Air» annullato il contratto per operare sull'isola

L'Avana, morta un'italo-cubana La linea aerea non poteva volare

San Paolo Sette messicani (l'equipaggio più una turista), due vacanzieri argentini ed altrettanti saharawi mentre il restante centinaio di vittime del disastro aereo dell'altroieri all'Avana solo tre donne miracolosamente sopravvissute permangono in gravi condizioni, una data erroneamente per deceduta lotta ancora per la vita - sono tutte cubane. C'è però un «ma», come spiega una fonte dell'intelligence raggiunta telefonicamente in loco dal Giornale, ovvero che «a bordo c'era anche una donna naturalizzata italiana ma, aggiungo, forse anche altri passeggeri con la doppia cittadinanza su cui stiamo facendo le opportune verifiche». Ieri alcuni media avevano anche dato un nome alla nostra connazionale, quello di Monica Leyva Garcia - giovane dottoressa specializzata in chirurgia scomparsa nel disastro con una figlia di 15 mesi - ma da noi contattata l'ambasciata italiana all'Avana ha smentito «categoricamente».

Il problema dei ritardi sui nominativi delle vittime del disastro aereo dell'altroieri è dovuto, in massima parte, alle cervellotiche procedure burocratiche dello Stato cubano che, tra l'altro, non fa rientrare nel novero delle vittime come straniero chi emigrando ha ottenuto altre nazionalità. Dunque, anche se la Farnesina «si è subito attivata ci fa sapere la fonte dall'Avana finché non avremo la lista ufficiale di chi era a bordo, nessun nome può essere fatto. Di certo non è però il nome della povera Monica Leyva Garcia quello su cui stiamo facendo le opportune verifiche, contattando anche i famigliari in Italia».

E mentre il neopresidente Miguel Díaz-Canel ieri ha indetto due giorni di lutto nazionale, a meno di 48 ore dal disastro emergono nuovi retroscena inquietanti sul volo della compagnia statale Cubana de Aviación operato dietro pagamento d'affitto dalla Global Air appartenente ad una società, la sconosciuta Aerolíneas Damojh con sede a Città del Messico e che possiede appena tre velivoli. Proprietario è l'imprenditore spagnolo Manuel Rodríguez Campos, uno che nel 2012 aveva costituito in Ecuador la società anonima Sudamericana de Aviación Sudaeroecuador e, appena tre anni dopo, si vide sequestrare dalle autorità di Quito un Boeing 737-500 per il mancato pagamento di stipendi e contributi ai suoi dipendenti. Inoltre, sempre ieri la stampa ecuadoriana rivelava come alla Global Air le autorità avessero già annullato nel recente un contratto operativo per operare voli interni a Cuba, viste le ripetute violazioni degli obblighi da parte della società di Rodríguez Campos.

Ma c'è dell'altro, ancor più grave, che forse spiega il disastro, ovvero le parole di Marco Aurelio Hernández, un esperto ex pilota della Aerolíneas Damojh/Global Air contattato ieri dal quotidiano messicano Milenio. Nell'intervista il capitano ha spiegato come «sovente in passato» sia stato fatto decollare proprio sul Boeing 737-200 precipitato venerdì all'Avana «con le gomme a terra, volando senza radar, con i motori che andavano in panne su certi voli» mentre «i meccanici della società erano sprovvisti dei pezzi di ricambio per le necessarie riparazioni».

Il capitano Hernández ha anche mostrato al reporter di Milenio la sua «ultima denuncia» fatta prima di dimettersi - «dell'ottobre del 2013 sulla mancanza di manutenzione delle aeromobili», in cui verbalizza come «i meccanici sono molto bravi» ma «non hanno i pezzi di ricambio» oltre a «mancare l'impegno del signore» (l'imprenditore spagnolo Manuel Rodríguez Campos, ndr) affinché «gli aerei possano decollare se non al 100% almeno all'80-90%» delle loro potenzialità.

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