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L'avventura di Dior: il giro del mondo sul corpo delle donne

La stilista Chiuri celebra i 70 anni della maison. Lady Macron in prima fila e 66 abiti

L'avventura di Dior: il giro del mondo sul corpo delle donne

Parigi - Chistian Dior come un geografo che mappa i vestiti sul corpo delle donne, Maria Grazia Chiuri come un'esploratrice che si addentra nell'archivio della storica maison francese e disegna un atlante della femminilità contemporanea.

«Ho trovato un libro fatto nel 1953 da Monsieur Dior sulla struttura internazionale dell'azienda» racconta la stilista poco prima di far sfilare l'alta moda del prossimo inverno su una spettacolare installazione dell'artista Pietro Ruffo. «Già allora continua - aveva sedi ovunque, perfino a Caracas. Vendeva di tutto oltre ad abiti e accessori tipo scarpe e borse: guanti, cappelli, profumi e bijoux. Si è impegnato a capire le diverse realtà femminili per esempio facendo un cappotto aperto dietro perché le giapponesi lo potessero indossare sul kimono tradizionale oppure progettando un'alta moda ad alto tasso di praticità per le americane. Insomma ho voluto rendere omaggio a lui e al primo decennio di vita del marchio che da 70 anni esatti porta l'eleganza nei cinque continenti». Per festeggiare l'anniversario ieri sera è stata anche inaugurata alla presenza di Madame Macron un'eccezionale mostra al Musée des Arts decoratifs di Parigi.

Ma il tributo più sentito e intelligente al grande couturier scomparso nel 1957, sono i 66 abiti che hanno sfilato sull'emozionante colonna sonora di Philip Glass. Lo show inizia con un raffinatissimo completo gonna a pieghe e giacca Bar: la classica linea con vita stretta e fianchi arrotondati che fa subito Dior. Segue una versione con gonna-pantaloni abilmente nascosta da un incredibile gioco di piegoline costruite a mano in atelier. Poi arrivano cappotti con allacciature particolari: un fiocco di grisaglia laterale, una fila di bottoni che da una spalla passa all'altra. Gli abiti da sera sono una logica conseguenza cromatica dell'onnipresente grigio amato da Dior e declinato in tutte le classiche fantasie dei tessuti maschili: principe di Galles, spinato, occhio di pernice e falso unito. Tutto è molto sobrio, austero eppure ricchissimo: la vera essenza del lusso. Il bello è che in ogni uscita c'è la memoria di un capo - da Iran del 1947 a Diablotine del 1957, dall'unico rosso (Zémir del '55) all'abito da ballo ricamato a rose del finale (Soireé Cubaine del '55) ma in nessun caso si può parlare di rilettura didascalica. In buona sostanza Maria Grazia Chiuri ha trasformato l'alta moda nella mappatura del DNA della maison e non è poco in un mondo che sta perdendo la sua identità. Per dirne una l'idea di presentare la collezione Atelier di Versace in forma statica, su manichino e senza neppure un video di Donatella che dice la sua, sembra vanificare l'eccellente lavoro della maison sugli abiti tra cui ricordiamo uno straordinario tubino in maglia metallica e pelle ricamata dello stesso colore e un completo da sera con minuscoli frammenti di specchio ingabbiati nel tulle. Il tema degli specchi che si rompono davanti all'eleganza senza pari di Mona Bismarck (la donna che ordinò 150 vestiti di Balenciaga in un giorno per sostituire il guardaroba perso in un incidente ferroviario) fa da filo conduttore alla bellissima collezione di Antonio Grimaldi. Intagliati a mano nel plexiglass, nel vetro o nel metallo, applicati sugli abiti secondo un disegno di pura poesia, gli specchi diventano frammenti di un discorso amoroso tra il couturier e le donne. Intanto il calendario parigino della couture non è più ridotto all'osso grazie alla presenza (in alcuni casi molesta) di altre realtà.

Per esempio da New York sono arrivate le collezioni prét à porter di Proenza Scouler (un orrore, ma l'anno venturo esce un profumo del duo prodotto da Oreal) e di Rodarte (una delizia fiorita presentata dalle due sorelle Mulleawy nel chiostro dell'Abbazia di Port Royal). Debutta invece Peter Dundas con una capsule che porta il suo nome e che purtroppo non sembra destinata a sfondare perché il '700 in chiave zingara di lusso degli anni '70 è una cosa vista e rivista. Il nuovo arriva come sempre con Miuccia Prada che ha presentato un'eccezionale collezione Crociera 2018 nella sede dell'Automobile Club di Parigi. Lo show inizia con l'esibizione della rapper canadese Tommy Genesis e finisce con un'impeccabile dinner estivo del mitico ristorante Da Vittorio di Bergamo. In mezzo una delizia di moda tarata sull'idea di «Donne e motori, gioie e dolori».

Tute e pellicce da meccanico, scarpe luccicanti come fanali, un trionfo di divertita e divertente sex appeal.

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