Politica

Il leader leghista gioca la partita della vita: ecco che cosa rischia sulla vicenda Aquarius

Dalla rappresaglia di Francia e Germania alla crisi dell'esecutivo al pericolo attentati; il vicepremier si è esposto ed è nel mirino di nemici che possono fargliela pagare cara

Il leader leghista gioca la partita della vita: ecco che cosa rischia sulla vicenda Aquarius

Salvini si sta giocando una partita decisiva ma molto delicata. I rischi politici del braccio di ferro sulle navi delle Ong cariche di immigrati da accollare invariabilmente all'Italia sono alti, anche se il dividendo di consenso che il capo della Lega sta raccogliendo lo è altrettanto.

Se il successo del Carroccio alle comunali può valere anche come un sondaggio del gradimento di Salvini al Viminale, il responso popolare sembra premiare la linea dura impressa dal ministro leghista nella gestione dell'immigrazione. Già l'ultima rilevazione Ipsos sulla popolarità dei leader indicava proprio in Salvini il capo politico più apprezzato, e questo prima della svolta sui barconi che non può che rafforzare il consenso del segretario della Lega. Salvini però si sta mettendo di traverso ad un vasto sistema di interessi, politici e finanziari (e anche criminali), pronti a farla pagare cara. Una materia incandescente che può esplodere con conseguenze non solo sull'inquilino del Viminale ma sul governo italiano.

Sono cinque gli scenari di rischio che ci vengono in mente nella vicenda Aquarius. Primo, l'emergenza sanitaria, un incidente, magari un morto tra i migranti imbarcati, magari una donna incinta, o peggio ancora una tragedia in mare aperto. Se capitasse qualcosa sulla nave tra le 600 persone a bordo in condizioni precarie, si riverserebbe sul ministro e quindi sull'esecutivo italiano l'accusa di essere gli unici responsabili. Una situazione a quel punto difficile da far rientrare rispetto all'opinione pubblica, tanto che non è raro trovare tra i sostenitori della linea Salvini chi pensi che la strategia della Ong sia proprio questa: esasperare la situazione, portare la tensione al limite alzando il rischio di un incidente, quasi cercandolo.

Altro rischio concreto, un conto salto da pagare a Bruxelles, su pressione dei Paesi più urtati dallo stop di Salvini (Francia, Germania, ovvero i due membri più influenti del club europeo) agli sbarchi selvaggi sulle nostre coste. Non è un mistero che il maggior carico di costi e problemi assunto dall'Italia per gestire in solitudine le ondate migratorie dal nord Africa, sia stato messo sul tavolo europeo per ottenere in cambio qualche sconto sui parametri da rispettare nel bilancio pubblico italiano. Come ha ricordato l'ex ministro degli Esteri Emma Bonino, Renzi da premier «barattò i soccorsi in cambio della flessibilità sui conti». Se Salvini mette fine al libero sbarco in Italia, magari costringendo altri paesi come Francia e Spagna a prendersi la loro quota di barconi, ci sarà poi poca voglia in Europa di fare sconti all'Italia.

C'è una terza fonte potenziale di problemi conseguenti al cambio di linea dell'Italia, da ventre molle a paese che controlla severamente i propri confini. Una delle ragioni, a detta degli esperti di intelligence, per cui l'Italia è stata risparmiata dagli attacchi terroristici è che è la penisola è servita alle organizzazioni del terrore come base logistica e porta di accesso all'Europa, attraverso le rotte dei migranti. Paradossalmente, sanare la falla italiana sugli sbarchi farebbe cadere questo status privilegiato. Ma ci sono anche risvolti politici aperti. Come il fuoco amico che potrebbe scatenarsi su Salvini. Se il pressing internazionale sull'Italia per tornare nei ranghi si intensificasse, non si può scommettere su una fedeltà infinita del m5s ad un alleato occasionale come la Lega.

Ultimo rischio: se dovesse traballare Salvini, traballerebbe il governo, di cui non è un semplice ministro ma uno dei due azionisti di maggioranza.

Commenti