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La Lega avverte il M5s: "Processare Salvini è processare il governo"

L'altolà dei capigruppo: problemi se votano sì Il ministro glissa: «Non ho bisogno di aiutini»

La Lega avverte il M5s: "Processare Salvini è processare il governo"

La partita che sI apre domani nella Giunta per le Immunità del Senato rischia di causare gravi lacerazioni nella maggioranza. Mercoledì infatti inizia l'esame del «caso Salvini»: prima la Giunta, presieduta dall'azzurro Maurizio Gasparri, e poi l'aula di Palazzo Madama dovranno decidere se il ministro dell'Interno deve o no andare a processo, con imputazioni gravi (sequestro di persona, omissione d'atti d'ufficio, arresti illegali) per la vicenda di nave Diciotti, bloccata nel porto di Catania per giorni con il divieto di sbarco per i 190 profughi a bordo. Nella Lega monta l'irritazione contro l'alleato di governo, il M5s, che si è pronunciato per il sì alla richiesta dei magistrati. Salvini fa buon viso a cattivo gioco, perché non può permettersi di rompere il patto d'acciaio che lo lega a Gigino Di Maio: «I Cinque stelle votino secondo coscienza, non ho bisogno di aiutini. Come voteranno M5s e Forza Italia lo lascio decidere a loro», dice.

Ma i suoi scalpitano. «Se davvero voteranno sì, ci saranno grossi problemi per il governo», assicura il deputato salviniano Alessandro Morelli: «Io per primo, da parlamentare, inizierei ad avere dei dubbi sull'affidabilità dei colleghi». La questione non è tanto il via libera al processo, che diventa altamente probabile senza il no dei grillini. Salvini aveva assicurato, l'estate scorsa, di voler andare a farsi giudicare in Tribunale. Poi ha cambiato idea, ma è il primo a sapere che il ruolo di perseguitato politico delle «toghe rosse» pro-migranti sarebbe un'ottima carta da giocarsi in campagna elettorale. La questione però è un'altra, e a metterlo bene in chiaro scendono in campo (ovviamente su input di Salvini) i due capigruppo parlamentari del Caroccio: «Processare chi, nell'esercizio delle sue funzioni di ministro dell'Interno, ha contemporaneamente agito nel pieno rispetto delle leggi e della Costituzione e ottemperato al mandato ricevuto dagli elettori, quello cioè di garantire rispetto delle regole e delle normative, significa inequivocabilmente tentare di processare il governo», scrivono in una nota Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari. Il messaggio è chiaro: il Senato, nel dare o meno l'autorizzazione al processo, dovrà stabilire se Salvini ha agito «a tutela dell'interesse pubblico o dello Stato», e quindi nell'ambito dei suoi poteri di governo, o meno. Votando per il processo, i grillini direbbero invece che Salvini ha agito fuori da quei poteri e contro quegli interessi. Ma si darebbero la zappa sui piedi, visto che quelle decisioni sono state pienamente condivise e sostenute da tutto il governo, inclusi il premier Conte e il suo vice Di Maio. Si legge anche nella memoria difensiva depositata in giunta da Salvini: ogni scelta sulla Diciotti fu condivisa da «tutto il governo». Lo mette in chiaro il ministro leghista Fontana: «Dovrebbe essere indagato l'intero governo», dice, sottolineando che mai nessuno, nell'esecutivo, si è dissociato dalla linea Salvini sul caso Diciotti, ma l'hanno tutti seguito a ruota. Se quindi i grillini, con un ipocrita voltafaccia, voteranno sì «ci saranno inevitabilmente delle conseguenze politiche».

Si voterà in aula (e a scrutinio palese) a metà marzo, alla vigilia della campagna elettorale, e di qui ad allora lo scontro in maggioranza è destinato a crescere, anche perché i voti M5s saranno decisivi: non basteranno infatti quelli di Forza Italia, Lega e Fdi a bloccare il processo a maggioranza assoluta.

Il Pd infatti, Renzi in testa, si è schierato per il sì.

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