La Lega avverte il M5s: "Processare Salvini è processare il governo"
29 Gennaio 2019 - 08:20L'altolà dei capigruppo: problemi se votano sì Il ministro glissa: «Non ho bisogno di aiutini»
La partita che sI apre domani nella Giunta per le Immunità del Senato rischia di causare gravi lacerazioni nella maggioranza. Mercoledì infatti inizia l'esame del «caso Salvini»: prima la Giunta, presieduta dall'azzurro Maurizio Gasparri, e poi l'aula di Palazzo Madama dovranno decidere se il ministro dell'Interno deve o no andare a processo, con imputazioni gravi (sequestro di persona, omissione d'atti d'ufficio, arresti illegali) per la vicenda di nave Diciotti, bloccata nel porto di Catania per giorni con il divieto di sbarco per i 190 profughi a bordo. Nella Lega monta l'irritazione contro l'alleato di governo, il M5s, che si è pronunciato per il sì alla richiesta dei magistrati. Salvini fa buon viso a cattivo gioco, perché non può permettersi di rompere il patto d'acciaio che lo lega a Gigino Di Maio: «I Cinque stelle votino secondo coscienza, non ho bisogno di aiutini. Come voteranno M5s e Forza Italia lo lascio decidere a loro», dice.
Ma i suoi scalpitano. «Se davvero voteranno sì, ci saranno grossi problemi per il governo», assicura il deputato salviniano Alessandro Morelli: «Io per primo, da parlamentare, inizierei ad avere dei dubbi sull'affidabilità dei colleghi». La questione non è tanto il via libera al processo, che diventa altamente probabile senza il no dei grillini. Salvini aveva assicurato, l'estate scorsa, di voler andare a farsi giudicare in Tribunale. Poi ha cambiato idea, ma è il primo a sapere che il ruolo di perseguitato politico delle «toghe rosse» pro-migranti sarebbe un'ottima carta da giocarsi in campagna elettorale. La questione però è un'altra, e a metterlo bene in chiaro scendono in campo (ovviamente su input di Salvini) i due capigruppo parlamentari del Caroccio: «Processare chi, nell'esercizio delle sue funzioni di ministro dell'Interno, ha contemporaneamente agito nel pieno rispetto delle leggi e della Costituzione e ottemperato al mandato ricevuto dagli elettori, quello cioè di garantire rispetto delle regole e delle normative, significa inequivocabilmente tentare di processare il governo», scrivono in una nota Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari. Il messaggio è chiaro: il Senato, nel dare o meno l'autorizzazione al processo, dovrà stabilire se Salvini ha agito «a tutela dell'interesse pubblico o dello Stato», e quindi nell'ambito dei suoi poteri di governo, o meno. Votando per il processo, i grillini direbbero invece che Salvini ha agito fuori da quei poteri e contro quegli interessi. Ma si darebbero la zappa sui piedi, visto che quelle decisioni sono state pienamente condivise e sostenute da tutto il governo, inclusi il premier Conte e il suo vice Di Maio. Si legge anche nella memoria difensiva depositata in giunta da Salvini: ogni scelta sulla Diciotti fu condivisa da «tutto il governo». Lo mette in chiaro il ministro leghista Fontana: «Dovrebbe essere indagato l'intero governo», dice, sottolineando che mai nessuno, nell'esecutivo, si è dissociato dalla linea Salvini sul caso Diciotti, ma l'hanno tutti seguito a ruota. Se quindi i grillini, con un ipocrita voltafaccia, voteranno sì «ci saranno inevitabilmente delle conseguenze politiche».
Si voterà in aula (e a scrutinio palese) a metà marzo, alla vigilia della campagna elettorale, e di qui ad allora lo scontro in maggioranza è destinato a crescere, anche perché i voti M5s saranno decisivi: non basteranno infatti quelli di Forza Italia, Lega e Fdi a bloccare il processo a maggioranza assoluta.
Il Pd infatti, Renzi in testa, si è schierato per il sì.