Politica

La Lega lascia Confindustria a Di Maio e i Cinque Stelle Ma gli industriali li snobbano

Nonostante la «sponda» del presidente in uscita, annunci del governo accolti dal gelo della platea

La Lega lascia Confindustria a Di Maio e i Cinque Stelle Ma gli industriali li snobbano

L'applauso più lungo e sentito gli industriali lo hanno riservato al «Sì alla Tav, alle infrastrutture e alla crescita» pronunciato da Vincenzo Boccia. Quindi la platea dell'assemblea di Confindustria di ieri era poco favorevole al governo e in particolare ai Cinque stelle. Pochi applausi a Luigi Di Maio, anche se il leader M5s ha fatto di tutto per conquistare gli imprenditori. Consensi con il contagocce per il Premier Giuseppe Conte.

Eppure il presidente di viale dell'Astronomia nel suo ultimo intervento ha preso di mira più la Lega Nord che il partito di maggioranza relativa.

Il messaggio più forte al governo è quello di «smettere di dividersi su promesse che non si possono mantenere». La condanna per la «bulimia di consenso immediato» che «affida ai social la ricerca di una popolarità che si misura in termini di like». Sì ad un patto tra governo e opposizioni per «collaborare tutti insieme» a «una politica economica basata su realismo e pragmatismo». Solo così si potrà evitare «un autunno freddissimo per la nostra economia».

Nella relazione all'assemblea pubblica di Confindustria risalta l'assenza di un appello forte ad una riduzione delle tasse. Un passaggio sulla «necessità di ridurre il carico fiscale a vantaggio dei lavoratori». Brevissimo accenno alla «detassazione e decontribuzione dei premi di risultato».

La tassa piatta cara alla Lega di Matteo Salvini compare, ma per una bocciatura di fatto. «Non è ancora chiaro come evitare l'aumento dell'Iva e introdurre la flat tax, come afferma di voler fare il Governo». Sfida quasi impossibile, alla luce delle cifre della prossima legge di bilancio. «Se l'Italia volesse rispettare alla lettera le regole europee previste dal Patto di Stabilità e crescita - ha fatto notare Boccia - dovrebbe fare una manovra strutturale per il 2020 da almeno 32 miliardi di euro: una manovra imponente, con effetti recessivi».

Difficile fare passare una riforma fiscale senza il consenso degli industriali. La Lega ha ricambiato preventivamente, limitando la presenza dei ministri all'Auditorium di Roma alla sola Giulia Bongiorno.

La delegazione del M5s era al contrario folta. Il ministro allo Sviluppo economico Luigi Di Maio ha sposato tutte le tesi di Boccia. Ha assicurato di non avere «mai pensato che occorre rinunciare alla disciplina dei conti pubblici», sostenuto che «rigore e crescita devono tornare ad essere compatibili».

Ha raccolto l'appello del presidente di Confindustria sulla necessità di ottenere un commissario europeo in settori economici. Poi si è sbilanciato con due promesse impegnative. Dei «meccanismi premianti», semplificazioni per «le imprese virtuose, in vista della prossima legge di bilancio» Poi sul decreto crescita e su quello infrastrutture l'impegno a «fare molto di più», in fase di conversione. Anche il premier Conte ha sposato in pieno le tesi degli industriali e ha annunciato che nella prossima manovra «ci aspetta un'oculata azione di spending review e un'oculata revisione delle tax expenditure».

Intervento lunghissimo quello del premier. Ma la platea ha riservato ai due esponenti del governo un'accoglienza tiepida. Non c'è stato lo sciopero dell'applauso che si temeva, ma i battimani riservati a Conte e Di Maio sono stati brevi e timidi. Effetto anche del malcontento che cova nella pancia di Confindustria. All'assemblea privata di martedì, gli industriali del Nord hanno chiesto un cambio di passo e anche una posizione più critica nei confronti dei gialloverdi.

L'esecutivo he ieri, rappresentato ai massimi livelli, ha sposato le tesi degli industriali è lo stesso che ha approvato il decreto dignità, che ha sottratto competitività alle imprese.

Commenti