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La Lega vota il contratto. Matteo cerca il plebiscito col quesito acchiappa sì

I nodi più spinosi scompaiono dalla scheda

La Lega vota il contratto. Matteo cerca il plebiscito col quesito acchiappa sì

Volete voi: tasse bassissime, meno burocrazia, più pensioni, la pace fiscale, la dignità del lavoro, la lotta al precariato, gli asili nido gratis, niente più immigrati, più sicurezza, tagli degli sprechi, basta accise sulla benzina e più soldi agli enti locali? La scheda che gli elettori della Lega troveranno fino a stasera nei gazebo, convocati per sancire l’intesa di governo con i grillini, è un capolavoro: sembra compilata da Antonio La Trippa, quello immortalato da Totò al grido di «Vot’Antonio Vot’Antonio Vot’Antonio!». «Sei d’accordo sulla sottoscrizione di un contratto di governo con il M5s per perseguire e realizzare, tra gli altri, questi punti?», viene chiesto all’elettore. E giù un elenco di dieci mirabolanti promesse, il cui succo è quello sopra sintetizzato. «Manca solo la Nutella gratis per tutti, e poi avrei votato sì anche io», ironizza l’esponente milanese del Pd Emanuele Fiano. «Chi può rispondere di no a domande concepite in quel modo?». Matteo Salvini, insomma, vuole essere certo fin dalla scheda di poter dichiarare che i suoi, a maggioranza bulgara, approvano l’intesa. I grillini hanno già fatto, sondaggione cotto e mangiato sulla piattaforma Rousseau, e pazienza se il Garante della Privacy l’ha bollata come insicura e se è andata in tilt dopo i primi cento voti: ai numeri ci pensa la Casaleggio, e quelli trionfalmente annunciati sono degni delle elezioni di Nazarbayev in Kazakistan: 94%. Salvini - che in serata esulta: «Oltre 100mila votanti» - non vuol certo sfigurare.

E per andare sul sicuro, nella scheda sottoposta ai leghisti viene steso un velo pietoso su tutte quei capitoli infilati programma di governo comune che piacciono ai seguaci di Grillo ma non a quelli di Salvini: reddito di cittadinanza? Non pervenuto. Chiusura degli stabilimenti dell’Ilva? Mai sentita. Stop ai cantieri della Tav? Figurarsi. Sono lì, nero su bianco nel cosiddetto «contratto» solennemente firmato dal notaio, ma la base leghista non è chiamata a ratificarli. «Tutto ciò può sembrare degno di Ridolini e divertirci molto», dice Fiano. «Ma alla fine delle risate è inevitabile provare una profonda preoccupazione. Perché quella bizzarra scheda è la perfetta esemplificazione di cosa sia per i populisti l’esercizio della democrazia: una drastica banalizzazione dei problemi, una irrealistica semplificazione delle soluzioni da proporre per avere il consenso della base che vota. Poi, tanto, chi decide è uno solo, il Capo». Così la consultazione nei gazebo del Carroccio è semplicemente «la versione padana» del plebiscito su Rousseau «che nessuno sa come funzioni e da chi sia controllata». E questo tipo di «finto coinvolgimento democratico», prevede Fiano, «continuerà a ripetersi, diventerà lo strumento di una presunta e falsa “democrazia diretta”, pilotata dal Capo, da contrapporre alla democrazia rappresentativa. Se il governo dei populisti andrà avanti, cercheranno anche di istituzionalizzarlo, e di varare il referendum propositivo senza quorum già proposto.

E così il potere legislativo verrà sottratto al Parlamento».

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