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Il legalitario De Magistris non vuole risarcire i politici che ha rovinato

Il sindaco di Napoli come ex pm deve 20mila euro a testa a sette onorevoli intercettati illegalmente: «Pagare? E perché, non ho uno stipendio d'oro»

Il legalitario De Magistris non vuole risarcire i politici che ha rovinato

«E io non pago!», avrebbe detto Totò. Ma stavolta è il paladino della giustizia e della Costituzione sempre a portata di mano a non pagare. Luigi De Magistris, ex pm d'assalto da poco meno di quattro anni sindaco di Napoli, straccia una sentenza emessa da un suo ex collega. Parliamo del verdetto di primo grado del suo più celebre flop giudiziario: il processo «Why not», allestito quando era un pm di Catanzaro. Giggino «a manetta» il 24 settembre dello scorso anno è stato condannato dal Tribunale di Roma a un anno e tre mesi di reclusione (pena sospesa) e alla interdizione di un anno dai pubblici uffici. Gli ex colleghi di De Magistris lo hanno anche condannato al pagamento di una provvisionale di 20mila euro (a testa) alle sue illustri (presunte) vittime: gli onorevoli Sandro Gozi, Romano Prodi, Marco Minniti, Clemente Mastella e Giancarlo Pittelli ed i senatori Francesco Rutelli e Antonio Gentile, intercettati illegalmente.

Ma Giggino, sprezzante della sentenza, ha già fatto sapere che non intende pagare il dovuto. Subito, l'ex magistrato che come un disco rotto amava ripetere «le sentenze non si discutono ma si rispettano» ha battibeccato con uno dei sette esponenti politici: Clemente Mastella. Ha iniziato il reuccio di Ceppaloni: «De Magistris mi deve dare 20mila euro. Per quello che mi ha fatto avrebbe dovuto vergognarsi e lasciare la carica di sindaco». La replica dell'ex pm? «Mastella dovrebbe essere più cauto. I ventimila euro non li ho e non glieli devo dare», dice rinnegando la sentenza e contraddicendo sé stesso ancora una volta. Proprio lui che aveva più volte affermato in passato di sentirsi sempre e comunque «un magistrato, anche se mi sono tolto la toga». Insomma, giudice a intermittenza, garantista a seconda delle circostanze. Ma Mastella lo accusa ancora. «È una sentenza. Ripeto, De Magistris ha fatto delle cose sconnesse e sgarbate. Deve pagare la provvisionale». E Giggino «a manetta», con il suo solito refrain: «Sono solo un sindaco di strada, a fine mese non porto a casa gli stipendi d'oro di onorevoli e boiardi di Stato».

A proposito di onorevoli: ancora una volta l'ex pm duro e puro si contraddice e ha la memoria corta. Dimentica di essere stato, anche se non per una intera legislatura, un parlamentare europeo, eletto nella lista del suo ex amico ed ex collega pm Antonio Di Pietro. E poi non sembra proprio che il sindaco della terza città d'Italia prenda uno stipendio cosi umile da far gridare alla miseria.

Anzi, a dirla tutta l'espressione «sindaco di strada» fu coniata (da lui stesso) quando fu sospeso dalla carica di primo cittadino a seguito della sentenza «Why Not» in base alla cosiddetta legge Severino che prevede la decadenza in caso di condanna. Legge che De Magistris ha sempre contestato duramente disconoscendone la validità costituzionale. Ma quando la stessa Severino fu utilizzata ad hoc per sbarazzarsi di Silvio Berlusconi, scalzato da senatore a vita, De Magistris non disse assolutamente nulla.

Anzi, dal giorno della sentenza e fino alla sua momentanea sospensione da sindaco di Napoli, De Magistris non passava giorno senza sparare bordate durissime contro i suoi ex colleghi ma soprattutto contro la legge dell'ex ministro del governo Monti. Salvo poi sparare fiori dai suoi cannoni nei confronti del Tar, che a tempo di record aveva sospeso il provvedimento di sospensione firmato dal Prefetto di Napoli, reintegrandolo nella carica di primo cittadino.

E proprio nell'attesa di ritornare a Palazzo San Giacomo aveva fatto il «sindaco di strada», tornando tra la gente che aveva dimenticato.

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