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Legge elettorale, regge il "patto a 4": no alla norma anti Berlusconi

Pd, Lega, Forza Italia e Ap dicono no all'emendamento del M5S sui capi della coalizione. Obbligo di presentare lo Statuto per le liste che intendano candidarsi alle elezioni

Legge elettorale, regge il "patto a 4": no alla norma anti Berlusconi

Per ora il patto a quattro sulla legge elettorale regge. Pd, Forza Italia, Lega e Ap sono d'accordo su un punto importante: Silvio Berlusconi potrà essere indicato quale capo di Forza Italia alle prossime elezioni. Il relatore, Emanuele Fiano (Pd) ha annunciato il parere contrario sull’emendamento del Movimento 5 Stelle ribattezzato "norma anti-Berlusconi", quello che proibisce che venga indicato quale capo di una forza politica chi è incandidabile o ineleggibile, come appunto è Berlusconi. E nel caso in cui l'indicazione venga fatta lo stesso la lista è considerata inammissibile. L’emendamento in questione rientrava in un pacchetto più ampio di proposte di modifica, che erano state tutte accantonate perché riguardanti il tema del capo della coalizione o della forza politica.

Confermati, nel Rosatellum bis, i listini corti per i collegi plurinominali. Saranno composti da un minimo di 2 a un massimo di 4 candidati. La commissione Affari Costituzionali ha respinto tutte gli emendamenti che chiedevano modifiche su questo punto.

Se venisse approvata questa nuova legge elettorale, Il Movimento 5 Stelle sarà obbligato a presentare lo Statuto. Sono stati bocciati, infatti, due emendamenti dei pentastellati che miravano, con diverse sfumature, a eliminare l’obbligo del deposito dello Statuto presso il ministero dell’Interno. Un obbligo previsto dall’Italicum di fatto recepito dal Rosatellum bis, e non modificato dall’intervento della Consulta, che pure ha dichiarato incostituzionali alcune parti della legge elettorale in vigore.

Protesta il M5S: "I cittadini non devono scegliere. Questa è l'unica certezza che questa legge elettorale ci sta restituendo. Oggi sono stati bocciati i nostri emendamenti per la reintroduzione delle preferenze. Una battaglia che portiamo avanti da 10 anni, a partire dalle 350mila firme raccolte al primo VDay. Ma i partiti se ne fregano altamente del diritto dei cittadini a scegliersi i propri rappresentanti, perché devono essere le segreterie a decidere per loro.

Questa è la considerazione che i partiti hanno nei confronti degli italiani".

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