Politica

La legionella spaventa pure Milano Tre persone infette: una vittima

Dopo il boom di infezioni nel Bresciano e in Brianza

Marta Bravi

Milano La legionella miete un'altra vittima. Sono tre i nuovi casi riscontrati ieri a Milano: una donna, del 1926, è deceduta ieri all'ospedale Niguarda, mentre il marito, del 1930, ricoverato preso lo stesso nosocomio, sarebbe in condizioni gravi. Per quanto riguarda invece il terzo caso si tratta un uomo del 1952, che è stato già dimesso. Si arriva così a quota 52 decessi nel 2018 su tutto il territorio lombardo. Le indagini epidemiologiche di ATS sono tuttora in corso. Smorza i toni ed evita ogni allarmismo l'assessore lombardo al Welfare Giulio Gallera che ritiene «fino a prova contraria, che questi casi rientrino nei circa 250 che ogni anno si verificano in ATS Milano». «I pazienti del Niguarda ha spiegato Gallera - sono residenti a Milano pertanto questi casi di legionella fanno parte, in attesa dei risultati delle indagini epidemiologiche, del numero dei casi che normalmente si verificano in ATS». Ma nonostante la Regione Lombardia butti acqua sul fuoco i numeri dipingono un'altra realtà: «I casi complessivi sul territorio di ATS ha sottolineato l'assessore - sono 177 per il 2016, 254 per il 2017, 247 (a cui vanno aggiunti i 52 del cluster di Bresso) fino al 31 agosto 2018 con evidenza di un trend in crescita negli ultimi anni. Un andamento analogo a quanto registrato a livello lombardo (625 nel 2018, 633 nel 2017, 474 nel 2016, 491 nel 2015). Mentre i decessi sono stati 52 nel 2018, 60 nel 2017, 44 nel 2016, 50 nel 2015. A Bresso il numero di casi registrati rimane invariato: 52 casi di cui 5 decessi».

Lunedì però l'Istituto superiore di Sanità ha definito «un'epidemia unica al mondo» quella attualmente in corso in Lombardia, anche se si è esclusa la correlazione tra gli ultimi casi di Desio e quelli di Brescia. La legionella esiste in Italia: nel 2015 le diagnosi erano state 1.570. La differenza rispetto al solito, secondo quanto comunica l'Iss, è l'estensione del bacino interessato, rispetto ai focolai più ristretti a cui si è abituati, considerando che il batterio non si trasmette da persona a persona.

Due giorni fa, invece, i risultati dei campionamenti effettuati da ATS Brescia hanno stabilito definitivamente che il batterio responsabile della polmonite non si trova nell'acqua degli acquedotti, bensì nelle torri di raffreddamento delle 3 aziende dei Comuni di Montichiari, Carpenedolo e Calvisano, nella bassa bresciana orientale e nell'alto mantovano.

«Tranquillizzo tutti i cittadini sul fatto che possono continuare a bere e utilizzare in tutta tranquillità l'acqua della rete idrica» aveva assicurato il titolare al Welfare.

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