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L'eredità da incubo di Renzi: l'arrivo in Italia della Troika

Il Fondo salva stati rischia di essere la sola strada utile per risolvere il rebus Siena. A costo di riforme durissime

L'eredità da incubo di Renzi: l'arrivo in Italia della Troika

Non c'è solo il no al rinvio dei termini della ricapitalizzazione del Monte dei Paschi di Siena (5 miliardi da trovare entro la fine dell'anno). Quello di ieri sembra molto un messaggio politico all'Italia firmato Bce. Innanzitutto una bocciatura del governo uscente, che su Mps ha imboccato una strada sbagliata. Secondo, un suggerimento della banca centrale guidata da Mario Draghi, in linea con le preoccupazioni delle altre istituzioni europee: fate presto con la crisi di governo e proponete una soluzione realistica per Mps.

Dalle parti dell'esecutivo uscente le notizie arrivate ieri da Francoforte sono state lette quasi completamente in chiave politica. La decisione, arrivata sotto forma di nota informale data ai media finanziari, è stata accolta con sorpresa, in alcuni casi con irritazione. Ma il messaggio di Draghi non è stato estraneo all'accelerazione delle trattative sul nuovo governo, con un sempre più probabile incarico a Paolo Gentiloni, e la conferma del ministro Pier Carlo Padoan.

Nel pomeriggio, in un ministero semideserto per il ponte dell'Immacolata, Padoan ha incontrato i vertici della banca: l'amministratore delegato Marco Morelli e poi gli advisor Jp Morgan e Mediobanca. Ufficialmente per sondare fino alla fine se l'opzione di mercato fosse ancora praticabile, in realtà per chiudere definitivamente il piano «renziano» che voleva fare leva sui privati, e aprire le procedure per l'intervento diretto dello Stato. Nessuna traccia del decreto. Non confermate le voci che davano convocato per oggi un Consiglio dei ministri straordinario per varare il provvedimento necessario ad avviare il piano di riserva per Mps.

Al ministero, spiegava ieri una fonte del dicastero, nessuno lo sta scrivendo. Il piano in linea di principio c'è ma la legge ancora no. Alla stesura starebbe lavorando Bankitalia, ma il testo non uscirà fino a quando non ci sarà certezza su chi dovrà attuare il piano. Senza un incarico o almeno un accordo politico per il nuovo esecutivo, impossibile avviare un'operazione che impegna 5 miliardi dei contribuenti.

Silenzio da parte del ministro Padoan. La comunicazione della Bce rafforza il suo ruolo nel nuovo esecutivo, anche se a imboccare la strada sbagliata è stato anche il suo dicastero. La vicenda di Mps è stata uno dei motivi di contrasto tra Padoan e Renzi. Insieme alla legge di Bilancio in deficit e la guerra con Bruxelles, la ricapitalizzazione della banca è uno dei capitoli che nelle settimane scorse aveva spinto il ministro ad evocare le dimissioni. È noto che lui avrebbe preferito da subito puntare sull'intervento pubblico, ma poi ha lasciato che passasse la linea Renzi, sulla quale, di fatto, ieri la Bce ha fatto calare il sipario.

Il problema, per chiunque andrà al governo dopo Renzi, è che la Bce non ha precisato quale soluzione possa andare bene per Mps. L'intervento dello Stato potrebbe comportare sacrifici per gli obbligazionisti, al pari del Salva-banche del governo Renzi. Si potrebbero utilizzare soldi europei, Bce e Ue potrebbero intervenire, ma l'unico strumento a disposizione è il Fondo Salva Stati (meccanismo Esm). Allora il nuovo governo potrebbe trovarsi nelle condizioni di dovere aprire le porte del Paese alla Troika e avviare una fase di riforme dettate dalle istituzioni internazionali.

È l'ultimo fallimento del governo Renzi, ha commentato ieri il capogruppo di Forza Italia alla Camera Renato Brunetta: «Fallisce il piano della coppia Renzi-Padoan».

Se «il testardo e inconsistente premier avesse proceduto da subito all'immediata nazionalizzazione della banca, previa sospensione del decreto bail-in approvato dal suo stesso esecutivo, oggi l'istituto sarebbe già in sicurezza, e i clienti avrebbero evitato di perdere l'80% in un anno del valore azionario».

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