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Letta vuol tornare in campo se vince il No

L'ex premier silurato da Matteo Renzi pronto a scalare la segreteria Pd

Letta vuol tornare in campo se vince il No

Roma - Da Treviso a Genova a Torino: il tour di Matteo Renzi in giro per l'Italia per il Sì al referendum continua senza sosta. Ieri a dargli una mano è arrivato Roberto Benigni, secondo il quale una vittoria del No sarebbe «peggio della Brexit». Il comico toscano, diventato icona nella sinistra salottiera della «Costituzione più bella del mondo» per le sue letture televisive della Carta, stavolta si schiera per la riforma, affermando che «la vittoria del Sì è indispensabile».

Una presa di posizione che porta un po' di buonumore in casa Pd, dopo diversi segnali preoccupanti. Culminati martedì nel duro intervento contro la riforma renziana uscito sul Financial Times. Ieri, hanno fatto sapere dal Comitato del Sì per smorzarne l'effetto, il quotidiano della City ha comunicato, per vie informali, che quell'articolo rappresentava l'opinione personale dell'autore e non la linea del giornale. Ma nel frattempo tutti i supporter del No avevano celebrato l'evento, assicurando che anche i «poteri forti» stanno abbandonando la nave renziana.

Il premier e i suoi sanno che il fronte del No, dato in testa dai sondaggi, ha dalla sua la spinta dell'antipolitica e della avversione verso chi governa. E sanno che sono in molti, anche in casa Pd, a scommettere sulla sconfitta di Renzi per tornare in sella. A cominciare dall'ex premier da lui scalzato, Enrico Letta, che da Parigi sta spiegando a più di un interlocutore di essere intenzionato, in caso di vittoria del No, a scendere in campo candidandosi al congresso Pd, per riportare la Ditta in mani sicure eliminando l'anomalia renziana. Del resto è quello che i capi della minoranza Pd, da D'Alema a Bersani, gli chiedono insistentemente da tempo: Letta è l'unico nome sufficientemente forte di quell'area da poter spendere per «riprendersi» il partito.

A Treviso, tra una visita alla Latteria Montello della «Nonno Nanni» e una agli stabilimenti della Geox di Montebelluna, il premier sale sul palco dell'Auditorium trevigiano ed esordisce con una battuta sulla guerra dei numeri della Stabilità: «Non potendone più di quelli che a Roma il Pil lo commentano, sono venuto a vedere quelli che il Pil lo fanno». La riforma costituzionale sottoposta a referendum, spiega, «è solo un pezzettino della grande riforma che serve al paese. Ma è un pezzettino fondamentale, come il Pin senza il quale il telefono non si accende». Non è «un punto di arrivo, ma un punto di partenza», che può dare «un'iniezione di fiducia all'Italia».

«Di fronte al merito della riforma - spiega il viceministro alle Comunicazioni Antonello Giacomelli - il Sì ha molte più possibilità del No di aumentare i propri consensi: gli stessi sondaggi dimostrano che gli stessi elettori del No sono in realtà in gran parte a favore dei singoli punti della riforma». Ecco quindi che governo e comitato del Sì sono al lavoro per «spezzettare» i punti della riforma in slogan brevi ed efficaci in grado di convincere gli elettori che «o si vota Sì, o resta tutto com'è», come dice lo spot che andrà in onda sulle tv. Sulla legge elettorale, il premier ribadisce di essere «un convinto sostenitore dell'Italicum», ma si dice disposto a modificarla.

Ma il ballottaggio, secondo i renziani, resta una garanzia fondamentale per assicurare la governabilità: «Le simulazioni fatte su tutte le altre proposte di legge elettorale sul tavolo portano allo sbocco inevitabile delle larghe intese», spiegano.

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