Politica

Lettera appello a Renzi sul poliziotto Tortosa

Illustre signor presidente Matteo Renzi, questa è una supplica. La preghiamo di intervenire per porre fine a un'ingiustizia talmente macroscopica da danneggiare la reputazione dell'Italia e, in particolare, del governo. Ci riferiamo alla vicenda di Fabio Tortosa, agente di pubblica sicurezza sospeso dal servizio per aver dichiarato a una radio, e scritto su un social network, che sarebbe pronto a eseguire di nuovo, come fece nel 2001, l'ordine di entrare nella scuola Diaz di Genova, mentre erano in corso turbolenze collaterali al famoso o famigerato G8.

Egli, contrariamente a tanti suoi colleghi, non è stato indagato né processato per aver partecipato a quella discussa operazione. Ciò significa che non commise reati o abusi; pertanto, nel dire che non esiterebbe a rifare ciò che fece all'epoca, ribadisce la propria onestà: e cioè che ubbidirebbe ai comandi dei superiori senza violare la legge, oggi come ieri. È evidente che nel confermare fedeltà al corpo di appartenenza, l'agente non ha assolutamente sgarrato, e punirlo per questo è stato un atto di prepotenza illegittimo. Fabio Tortosa non ha approvato la condotta dei colleghi che sbagliarono e che sono stati condannati, ma sottolineato la propria correttezza nella circostanza, aggiungendo: qualora mi trovassi in frangenti analoghi, non mi tirerei indietro e agirei con la medesima rettitudine.

Questo è il senso inequivocabile delle sue parole. Chi le ha travisate o è in malafede o non conosce la nostra lingua. Il capo della polizia, Alessandro Pansa, che ha sanzionato l'agente, si è macchiato di un grave errore che offende chi indossa la divisa. Forse il massimo dirigente della polizia è stato spinto ad assumere l'iniquo provvedimento dal Viminale per ragioni di bassa bottega politica? Oppure allo scopo di placare polemiche pretestuose dopo che l'Europa aveva ingiunto al nostro Paese di introdurre il reato (...)

(...) di tortura? La nostra fantasia, pur fervida, non riesce a immaginare altre eventuali motivazioni se non quella, valida per ogni essere umano, che l'ora del coglione piglia tutti almeno una volta al giorno. In ogni caso, dato per scontato che chiunque nella vita è soggetto a sbarellare, qui si tratta di rimediare a una topica, restituendo a Tortosa - vittima di un sopruso che grida vendetta - non solo il posto di lavoro, ma anche la dignità e la reputazione.

Lei, signor premier, in questa storia surreale non ha responsabilità. Non la accusiamo di niente, ci mancherebbe. Ci limitiamo a segnalarle che, se non risolverà il problema, facendo leva sulla sua autorevolezza, idonea a ripristinare un minimo di equilibrio nei procedimenti disciplinari verso i servitori dello Stato, il governo perpetuerà, avallandola, un'ingiustizia intollerabile. Ingiustizia che provocherà risentimento nelle forze dell'ordine e nei cittadini che a esse si affidano con gratitudine.

Insomma, presidente, la imploriamo per il bene comune di attivarsi affinché questa sporca faccenda si chiuda. Se sarà lei a sistemare la questione con un gesto di equanimità, il merito le sarà unanimemente riconosciuto. Dimostri di essere migliore di coloro i quali dovrebbero aiutarla. Non ci vuole molto.

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