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L'Europa chiede anche una stretta sulla Rete Già finita l'indignazione per il caso Datagate

L'Europa chiede anche una stretta sulla Rete Già finita l'indignazione per il caso Datagate

Accadde anche dopo l'11 Settembre: il mondo non è più lo stesso, si disse. E fummo costretti a cedere parte delle nostre libertà in cambio di maggiore protezione dal terrorismo. Oggi, come effetto collaterale della guerra di Parigi, l'Europa si prepara a sterzare le proprie politiche sulla sicurezza. Resta da vedere con quanta efficacia, ma almeno stanno cadendo alcune ipocrisie all'ombra delle quali molti governi non solo si sono adagiati, ma hanno addirittura usato come arma per criticare le politiche altrui. È il caso di internet.

Meno di un anno fa, in luglio, la Francia minacciava gli Stati Uniti di sospendere i negoziati sull'accordo di libero scambio come ritorsione per lo spionaggio sul web, il cosiddetto Datagate. Tutti i governi europei si mostrarono scandalizzati dalla notizia, diffusa dalla «talpa» Edward Snowden, che i servizi di sicurezza americani raccoglievano informazioni sugli internauti, imponendo ai big della Rete di aprire i propri database all'agenzia Nsa. Insorsero i governi di mezzo mondo, dalla Germania all'Italia. Gli stessi i cui ministri dell'Interno adesso concordano che il web non è poi così sacro e inviolabile. Il ministro francese, Bernard Cazeneuve, ha riferito che il tema del web è stato trattato nel summit di ieri a Parigi: «Siamo stati costretti a rilevare la necessità di una collaborazione maggiore delle società web per garantire che siano loro a riferire e a rimuovere (tempestivamente) contenuti illegali (sui loro domini), particolarmente dichiarazioni apolegetiche in difesa di terroristi o che incitano alla violenza e all'odio». Difficile che la «collaborazione» chiesta dai ministri degli Interni si limiti alla richiesta di chiudere i siti filo-terroristi segnalati dalle autorità. Questo si fa già in base alle norme vigenti, come ha ricordato il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni. Dunque pare che i ministri europei chiedano di più, di cooperare con le autorità a una vera e propria sorveglianza. Vedremo quali limiti saranno fissati, ma l'indignazione per il Datagate pare già archiviata.

Se ne è reso conto anche il precursore del Datagate, Julian Assange. Il creatore di Wikileaks ha consegnato ai media una difesa preventiva con attacco incorporato: «Il fallimento nella strage di Charlie Hebdo è così evidente che bisogna porsi delle domande serie». Il quesito che ad Assange non piace è se le sue rivelazioni e quelle di Snowden abbiano indebolito l'azione dei servizi di intelligence, cosa che per lui è fuori discussione. Per parare eventuali accuse, Assange attacca sottolineando gli errori dell'intelligence francese, che ovviamente sono innegabili: gli 007 di Parigi «sono incompetenti» e avrebbero lasciato liberi i fratelli Kouachi, «a loro ben noti, forse perché informatori».

Ipotesi plausibile, ma che non smentisce la necessità, invocata ora anche dall'Europa, di monitorare le informazioni che gli estremisti si scambiano sulla Rete.

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