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Ma l'ex leader si era auto-assolto: "Mai mentito, io vado a testa alta"

Spesso ha provato a difendersi dicendo di non saperne niente Però travolto dai guai ha ammesso: usato come un «co...»

Ma l'ex leader si era auto-assolto: "Mai mentito, io vado a testa alta"

«Dovrei dire che il tempo è galantuomo. Questa vicenda ha provocato dolore a me e alla mia famiglia». Parlava così, nel giorno di San Valentino del 2011, Gianfranco Fini festeggiando l'archiviazione della denuncia per la casa di Montecarlo disposta dal gip di Roma. Erano i tempi della guerra feroce a Silvio Berlusconi, e della difesa a tutto campo dei Tulliani's e della reputazione macchiata a suo dire dalla «macchina del fango» che ne aveva ipotizzato il coinvolgimento nella compravendita dell'appartamento di Boulevard Princesse Charlotte, passato da An a un paio di società offshore su cui il cognato Giancarlo Tulliani aveva lasciato le impronte digitali.

Il 14 dicembre 2016, con Giancarlo in fuga a Dubai e la compagna e il suocero indagati per riciclaggio internazionale in combutta con Francesco Corallo, agli arresti a Saint Martin, il tono dell'ex presidente della Camera sarà molto diverso. «Sto soffrendo quanto loro e sono stato un coglione, ma non sono mai stato un corrotto» confiderà al Fatto Quotidiano. Eccola, la metamorfosi. In mezzo, in quei cinque anni che distanziano le due dichiarazioni, c'è tutta la lenta decomposizione politica dell'ex delfino di Giorgio Almirante. Depistatore seriale in tv, con la stampa, in radio, perfino su Youtube rispetto a quello che si muoveva attorno al fratello della moglie e all'abitazione monegasca. Perché, alla fine, indagato pure lui per riciclaggio internazionale e destinatario di un sequestro di due polizze vita da un milione di euro complessivi, Gianfranco ammetterà davanti ai magistrati: «Ho appreso a dicembre 2010 che le società erano di Giancarlo, quando il ministro Frattini rese pubblica la lettera inviata dal primo ministro di St. Lucia. In quel momento ho rotto i rapporti con mio cognato. Solo, non ho reso pubblico il suo inganno perché temevo sfavorevoli conseguenze politiche, visto che a settembre avevo detto che mi sarei dimesso se si fosse scoperto che la casa di Montecarlo era stata acquistata da mio cognato». Eppure, Gianfranco aveva soprattutto dopo il 2010 proseguito a scatenare l'inferno contro chiunque avesse avanzato legittimo dubbio sulla sua parola.

A marzo del 2011, sfodera il cavallo di battaglia nazional-popolare: «Mai mentito agli italiani. Vado avanti a testa alta. Non intendo farmi condizionare dalla ciclica comparsa di nuovi documenti». Riferendosi a quelli che, di tanto in tanto, legavano gli affari di Corallo alle spericolate manovre di Giancarlo. Una settimana dopo, Fini replica: «Non ho mai mentito o nascosto qualcosa agli italiani e per questo continuerà il mio impegno politico a testa alta». Ottobre 2012: «Sulla casa di Montecarlo non ho nulla di cui vergognarmi». Febbraio 2013: «Io chiedo scusa se ho qualcosa di cui pentirmi, invece so di non dovermi vergognare verso la mia coscienza». Qualche mese dopo, nel corso di una trasmissione con Michele Santoro, rincarerà la dose: «Ho detto e ripeto che dietro la società che ha comprato non è accertato affatto che ci sia Giancarlo Tulliani, e dico e ripeto che non mi si può chiamare a rispondere né in termini penali né in termini politici del comportamento di altre persone... sono questioni personali che semmai rimangono nell'ambito personale».

Già.

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