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L'ex premier all'attacco: "Papà operato al cuore dopo l'inchiesta Consip"

Il segretario dem: "Voglio la verità, se qualcuno ha creato prove false andremo fino in fondo"

L'ex premier all'attacco: "Papà operato al cuore dopo l'inchiesta Consip"

Roma - Sul caso Consip «non mollo di un millimetro: voglio la verità», dice Matteo Renzi. Un'indagine opaca e piena di risvolti inquietanti, che lo ha toccato in quanto figlio («Mio padre è in ospedale per una piccola operazione al cuore, proprio per questo») ma che soprattutto ha toccato in maniera inedita i rapporti tra i poteri: «Se qualche pezzo di istituzioni ha scientificamente cercato di produrre prove false contro il presidente del Consiglio in carica, non accetteremo nessuna verità di comodo. Se qualcuno tra le istituzioni (ossia nella magistratura, ndr) o nell'Arma dei Carabinieri ha fatto questo pensiero andremo fino in fondo», promette il leader del Pd.

Renzi parla proprio da Napoli, la città dalla cui Procura è nata la torbida inchiesta, che è finita ora sotto la lente di ingrandimento dei pm romani che stanno indagando sia il pm Woodcock che gli investigatori del Noe. Lo fa nella sede del quotidiano Il Mattino, dove ieri (dopo una tappa a sorpresa a Pompei) è andato a parlare del suo libro Avanti, in una nuova tappa del tour di presentazioni a cavallo tra pubblicità e politica. Sulla giustizia, ammette, c'è stato qualche eccesso di «timidezza» sul garantismo, a sinistra, anche recentemente: «Far passare per colpevole un cittadino che riceve un avviso è una barbarie. Penso alle parole di qualche autorevole magistrato, non dico il nome dico solo il cognome, Davigo secondo cui un innocente è un imputato di cui non si è dimostrata la colpevolezza». E dice basta alla «cultura del sospetto».

Quanto al governo e ai suoi rapporti con Paolo Gentiloni, Renzi si mostra assolutamente allineato con il premier, nonostante lo smacco incassato con l'archiviazione dello ius soli: fare quella legge è «un dovere sacrosanto», ma «il governo ha deciso di non mettere la fiducia e io sto dalla parte di Gentiloni, sempre. Sto al suo fianco e accetto questa decisione con cooperazione e collaborazione». Anche perché «io ho subito le polemiche quando stavo a Palazzo Chigi: so come si sta quando ti arrivano le freccette, e per questo dico che si dà una mano al presidente del Consiglio». E le elezioni si faranno «quando decidono il presidente della Repubblica e del Consiglio», nel 2018.

Sulla legge elettorale stoppa chi - anche nel Pd - ancora pensa a qualche modifica per premiare le coalizioni: « La legge elettorale si cambia con il consenso di Berlusconi e Grillo, le regole del gioco si scrivono insieme. Noi avevamo fatto un accordo che non ha retto con quattro partiti. Se poi a settembre saranno nelle condizioni di fare qualcosa di diverso, ma ci devono essere anche Berlusconi e Grillo, si farà». A chi - a sinistra - lo accusa di cercare intese future col Cavaliere replica secco: «Berlusconi non ha mai votato la fiducia al mio governo.

Nel passato invece le cose sono andate così», e allude chiaramente al governo di Enrico Letta (con Berlusconi) e al governo Monti, sostenuto da Bersani e - appunto - Berlusconi.

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