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L'ex premier intercettato Ma c'è aria di messinscena

Sul «Fatto» una telefonata in cui Matteo strapazza il padre: "Di' la verità ai giudici". Il tam tam: è una finta

L'ex premier intercettato  Ma c'è aria di messinscena

«Ogni volta che siamo in alto nei sondaggi, c'è qualcuno che cerca di buttarci giù. Ma io ho fiducia nella giustizia e nelle istituzioni italiane: il tempo non cancella la verità ma la fa emergere».

Nel pomeriggio, quando è ormai chiaro che l'intercettazione scagliata contro Matteo Renzi dal Fatto Quotidiano si è rapidamente trasformata in un boomerang, il leader del Pd si sottopone in diretta Facebook alle domande del pubblico, e dà la sua lettura politica dell'affaire. Lo «scoop» del quotidiano travagliesco, con la sbobinatura dell'intercettazione (illegalmente diffusa, secondo la Procura di Roma) tra Renzi e il padre Tiziano, è stata lì per lì un pugno nello stomaco, arrivato a notte fonda. Per la clamorosa invasione della sfera personale e familiare, per l'utilizzo strumentale e distorto del colloquio, per l'incredibile tempismo con cui un'intercettazione risalente a marzo scorso finisce già a maggio sui giornali e nel libro di Marco Lillo. «Che bassezza, arrivare a sbattere in prima pagina un colloquio privato tra padre e figlio», è il suo primo sfogo con gli amici. Poi, alla luce del giorno, si fa strada una lettura diversa della vicenda: perché, dalla lettura del testo della telefonata, il ruolo di Renzi esce talmente bene che i suoi avversari si affrettano a correggere il tiro: «Sapeva di essere intercettato, quindi ha parlato così per fare bella figura», è la nuova versione che parte a tam tam dal Fatto e dintorni, consapevoli del boomerang che è tornato sulla loro testa. «Elucubrazioni ridicole, non sanno a che attaccarsi», le liquida lui.

«Non puoi dire bugie, devi dire se hai incontrato Romeo una o più volte e devi riferire tutto quello che vi siete detti. Devi ricordarti che non è un gioco», incalza l'ex premier nella telefonata. «Devi dire tutta la verità ai magistrati, ricordarti tutti i nomi e tutti i luoghi. Non è credibile che non ricordi di aver incontrato un uomo come Romeo».

In mattinata, Renzi si mette alla tastiera e - in un lungo post su Facebook, che subito raccoglie migliaia di condivisioni - racconta le proprie reazioni, e ricostruisce il contesto della telefonata: «Nel merito queste intercettazioni ribadiscono la mia serietà, visto che quando scoppia lo scandalo Consip chiamo mio padre per dirgli: Babbo, questo non è un gioco, devi dire la verità, solo la verità», rileva. «Politicamente parlando le intercettazioni pubblicate mi fanno un regalo. La pubblicazione è come sempre illegittima ed è l'ennesima dimostrazione di rapporti particolari tra alcune procure e alcune redazioni. Ma non ho alcun titolo per lamentarmi: non sono il primo a passare da questa gogna mediatica. Anzi: ad altri è andata peggio. Qualcuno si è tolto la vita per le intercettazioni, qualcuno ci ha rimesso il lavoro». Ma «umanamente», aggiunge, «mi feriscono, perché in quella telefonata sono molto duro con mio padre. E rileggendole mi dispiace, da figlio, da uomo. Da uomo delle istituzioni, però, non potevo fare diversamente». Racconta che quel giorno era a Taranto per iniziative politiche, che Repubblica aveva pubblicato l'intervista ad un testimone che raccontava di un cena in una «bettola» tra Romeo e Renzi senior: «Conosco mio padre e conosco la sua onestà: alla storia dello stipendio in nero da 30mila euro non la crede nemmeno un bambino di tre anni. Ma dubito di lui, esperienza che vi auguro di non provare mai verso vostro padre, e sulla cena mi arrabbio, lo incalzo, trattandolo male». Dalla telefonata col padre, che nega, trae una convinzione: «Lui non c'entra niente, questa storia puzza». Di lì a poco, i fatti gli daranno ragione e la Procura di Roma («una delle più serie») scoprirà la lunga teoria di bufale su cui si fonda l'inchiesta Consip. Resta il «malcostume giornalistico» di pubblicare «intercettazioni irrilevanti» (e nel caso specifico anche illegali). «Qualcuno dovrà rendere conto delle vergognose notizie false pubblicate», dice. E resta la puzza degli «scandaletti» ad orologeria, che scoppiano non appena «il Pd risale nei sondaggi»: «C'è chi farebbe di tutto, incluse le prove false, per vedermi politicamente morto».

Ma «la verità col tempo viene a galla, per chi non ha niente da temere».

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