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L'ex vice della Polizia rovinato dalle fake news: no all'ufficio anti bufale

Izzo fu indagato e poi prosciolto. Ora si scaglia contro la task force: un favore ai potenti di turno

L'ex vice della Polizia rovinato dalle fake news: no all'ufficio anti bufale

È tutto dire che addirittura lui, che pure ci ha rimesso la poltrona di vice capo della polizia e la carriera per una specie di fake news giudiziaria, nemmeno è tanto convinto della creazione della task force del governo contro le notizie-bufala che corrono, come mandrie furiose, sulla Rete e sui social network. In un post sulla sua pagina Facebook, il prefetto Nicola Izzo già «braccio destro» del compianto Antonio Manganelli ed ex direttore centrale per i servizi tecnico logistici del ministero dell'Interno boccia il provvedimento presentato, la settimana scorsa, dal ministro Marco Minniti e dal capo della polizia, Franco Gabrielli.

«La creazione di un ufficio di Polizia addetto al controllo e verifica delle fake news mi lascia per lo meno perplesso», scrive Izzo, nel 2012 dimessosi dall'incarico perché coinvolto nell'inchiesta sui presunti appalti pilotati nel Viminale e crocifisso dal solito circus mediatico-giudiziario (con tanto di lettere anonime che arrivavano ai pm e ai giornalisti con precisione svizzera) e archiviato, con la più ampia formula, dal gip di Roma solo nel 2014, su richiesta dello stesso pm. Archiviazione a cui è poi seguita la pensione visto che la ricostruzione della carriera e la restituzione delle occasioni professionali perdute, che pure gli erano state prospettate all'indomani della uscita di scena processuale, son rimaste promesse in libera circolazione, buone per strappare qualche titolo sui quotidiani dell'epoca. Quelle, sì, fake news provenienti dai Palazzi del potere.

Annota ancora Izzo sul suo profilo social: «Innanzitutto dovremmo chiarire che cosa è la fake news. È una notizia non vera che desta allarme sociale, o diffama? si chiede Per questo c'è ancora un codice penale vigente che prevede e sanziona tali comportamenti. È, forse, una notizia burlesca che ridicolizza qualcuno o qualcosa? Ma esiste ancora il diritto di satira, possibilmente per tutte le satire di segno politico diverso». Il commissariato online di Minniti e Gabrielli è quindi un doppione di misure di contrasto già esistenti? Eppure entrambi lo hanno presentato come un momento di irrinunciabile difesa democratica. «È tempo di campagna elettorale e come spesso purtroppo accade assistiamo su internet e sui social ad una impennata nella diffusione delle notizie relative a fatti o personaggi di pubblico interesse, create a tavolino si legge nella nota del Viminale al solo scopo di condizionare fraudolentemente l'opinione pubblica». Per Izzo, però, il discorso è assai diverso. E, infatti, il prefetto prosegue: «È forse, infine, una rassicurazione politica che puntualmente non si realizza (che fine hanno fatto, in materia di immigrazione, i rimpatri e le preconizzate ricollocazioni in ambito europeo? Fake news anche queste?)». Malgrado le buone intenzioni espresse dai vertici del ministero sia Minniti che Gabrielli hanno smentito interferenze di natura politica ed elettorale, nonostante il tema rappresenti uno dei focus più martellanti del Pd e di Matteo Renzi, in particolare l'ex vice capo della Polizia è caustico.

E rimarca: «Di similitudini in materia se ne potrebbero ricavare molte ma temo che in questa iniziativa, che si avventura in un campo tuttora non regolamentato e inesplorato, la cifra la faccia la volontà di avvisare i naviganti che qualcuno vigila sull'espressione di idee, riflessioni, pensieri, critiche non proprio collimanti con le idee del Nocchiero di turno».

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