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Liberali però assistenzialisti: un governo fra Jekyll e Hyde

Dal fisco alla giustizia fino alla Tav, leghisti e grillini sono agli antipodi. E andare d'accordo sarà un'impresa

Liberali però assistenzialisti: un governo fra Jekyll e Hyde

Come sarà l'Italia gialloverde? Stando al programma sottoscritto dalle due forze di governo non è facile capirlo.

Un cocktail di statalismo e proposte antistataliste, più autonomia per Lombardia e Veneto ma poi un occhio di riguardo al Sud (per cui è stato istituito un ministero apposito), più libertà dal giogo fiscale ma anche un fisco più severo, meno Stato invasivo con la riduzione del carico di tasse e la «pace fiscale» ma anche più Stato assistenziale con il reddito e la pensione di cittadinanza, la priorità (leghista) per la tolleranza zero su clandestini e zingari, per ma anche la priorità (grillina) dell'acqua pubblica, le auto elettriche, i rifiuti zero, la green economy. Un miscuglio forse inevitabile vista la distanza tra Lega e M5s, avversari in campagna elettorale con Salvini alleato al centrodestra ora all'opposizione.

L'ambito in cui è più udibile lo stridore da arrampicamento sugli specchi, per trovare un accordo partendo da posizioni molto lontane, è quello del fisco. Se Salvini ha sempre battagliato contro studi di settore, Equitalia e vessazioni fiscali («L'Agenzia delle Entrate sta mandando altre 220.000 letterine di avviso ad altrettanti cittadini italiani. Avete rotto le palle!!!» un suo tweet), i grillini sono viceversa ossessionati dal tema dell'evasione fiscale.

La contraddizione si ritrova nel programma di governo comune. Da una parte, dove si riconosce la mano leghista, si prevede «l'abolizione dello spesometro e del redditometro, strumenti anacronistici e vessatori di rilevazione del reddito» e un generale allentamento del clima da terrore che domina il rapporto tra Fisco italiano e contribuenti, come «l'inversione dell'onere della prova, da porre sempre a carico dell'amministrazione finanziaria». Dall'altra, e qui c'è l'impronta M5s, si vuole «inasprire l'esistente quadro sanzionatorio, amministrativo e penale» per gli evasori fiscali, compreso il carcere per i «grandi evasori», concetto non ulteriormente definito. E che dire della «pace fiscale»? Una rottamazione delle cartelle esattoriali, cavallo di battaglia di Salvini, di fatto un maxi condono fiscale. Un tema su cui i Cinque Stelle si sono spesso scagliati come una vergognosa operazione salva-furbi.

Ancora più evidenti le differenti traiettorie se si prendono le due proposte simbolo di Lega e M5s. Ovvero la flat tax (che è stata anche la bandiera di Forza Italia alle ultime elezioni) e poi il reddito di cittadinanza. Due misure completamente diverse, per certi versi opposte. Basti ricordare cosa ne dicevano i due leader prima di allearsi. Di Maio: «La flat tax è incostituzionale» (mentre il suo candidato al Tesoro, l'economista Andrea Roventini, la definiva «fake tax, una proposta bizzarra che porterà benefici solo al 10% della popolazione»). E invece Salvini: «No a un reddito per chi sta a casa. La nostra è un'idea lontana dall'assistenza. Siamo per la crescita».

Altro punto di frattura è quello delle grandi opere. Sulla Tav Torino-Lione la Lega a livello nazionale è sempre stata favorevole, mentre il M5s è storicamente contrario all'Alta Velocità (ma pure al gasdotto Tap). Per evitare lo stallo, sul programma si è glissato così: «Riguardo alla Linea ad Alta Velocità Torino-Lione, ci impegniamo a ridiscuterne integralmente il progetto nell'applicazione dell'accordo tra Italia e Francia». Una frase generica che può significare tutto e il suo contrario. Ma il ministro delle Infrastrutture è il grillino Toninelli.

Altro capitolo altamente contraddittorio, la giustizia. Salvini, cresciuto nella Lega massacrata dalle inchieste, si è espresso più volte in termini più che critici: «La magistratura italiana è una schifezza», o anche «C'è una parte della magistratura che non fa una mazza dalla mattina alla sera, se non fare politica e convegni». I fari dei grillini in questa materia, invece, sono Piercamillo Davigo e Nino Di Matteo. A parte una generica riforma del Csm, si prevede di potenziare il «sistema giustizia attraverso il completamento delle piante organiche di magistratura», cioè con assunzioni come chiede l'Anm di Davigo.

E pure sul fronte penale, si ritrova molto più l'impostazione pentastellata, in questo caso con la ricetta del pm Di Matteo: agenti sotto copertura, agenti provocatori, aumento delle pene, più poteri all'Anac e più intercettazioni.

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