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Libia, kamikaze si lancia sulle reclute: ottanta morti (con la firma del Califfo)

Luigi Guelpa«Siamo allo stremo delle forze e abbiamo urgente bisogno di sangue. I donatori si facciano avanti». È apparso persino in tv il dottor Abdul Muttalib Recep, direttore dell'ospedale Gharyan di Zliten, la città libica messa ieri in ginocchio da un vigliacco attentato di matrice jihadista. Forse verrà stilato oggi un bilancio ufficiale delle vittime all'accademia di polizia di Zliten, nell'ovest della Libia, per mano dell'Isis. Le uniche fonti attendibili sono al momento quelle del personale dell'obitorio della città, situata a circa 175 km a est di Tripoli, che hanno conteggiato 77 cadaveri (identificandone solo 23), oltre ad almeno 190 feriti che lottano tra la vita e la morte all'ospedale Gharyan. Erano le 8.30 di mattina quando un camion cisterna imbottito di tritolo, guidato da un kamikaze, ha concluso la sua folle corsa contro la porta di una base militare dove un gruppo di reclute si apprestavano a seguire un corso di addestramento per entrare nella Guardia costiera che lotta contro i flussi di migranti irregolari. In quel momento c'erano circa 300 uomini nel complesso.La deflagrazione è stata avvertita anche nella città di Misurata, che si trova a una cinquantina di chilometri dal luogo dell'attentato. «Ho visto l'inferno. C'erano corpi smembrati e sangue ovunque», racconta Ibrahim Al Roobai, una delle reclute sopravvissute alla strage solo perché si trovava in quel momento nella toilette della caserma. L'assalto è stato rivendicato dalla cellula dell'Isis nella regione. Che qualcosa fosse nell'aria lo si apprende dalle affermazioni del capo della sicurezza di Zliten Serraj Al-Rashdi. L'uomo ha raccontato che «una barca piena di stranieri è arrivata sulla spiagge due giorni fa. Avevamo iniziato un'operazione per individuare quelli senza permesso, ma sfortunatamente non siamo riusciti a impedire questa catastrofe». La barca, scrivono i media locali, era carica di jihadisti dell'Isis partita dalla Tunisia e arrivata a Sabrata, a ovest dTripoli, dove altri miliziani sono saliti a bordo diretti verso il luogo della carneficina di ieri.Tutto questo mentre gli uomini del Califfato stanno tentando da lunedì scorso di prendere il controllo dei pozzi petroliferi di Ras Lanuf e Sidra, i più strategici del Paese. Al momento le guardie private che proteggono il terminal hanno in parte respinto l'assalto dei miliziani, ma la mancanza di coordinamento tra le forze libiche ha prodotto ieri una parziale vittoria degli uomini di Al Baghdadi che hanno dato alle fiamme ben sette depositi di petrolio ad Agedabia.L'attacco su più fronti evidenzia una preoccupante intensificazione di terroristi. Lo si evince anche dai dati forniti ieri dal Centro studi libico sul terrorismo che ha calcolato la presenza di 10mila combattenti dell'Isis nel Paese. Cifre inquietanti alla luce del precedente rapporto Onu che parlava di 3mila jihadisti. In larga misura si tratta di combattenti stranieri (soprattutto tunisini, egiziani, maliani e sudanesi) giunti in Libia per unirsi al gruppo terroristico di Al Baghdadi. Guerriglieri che hanno approfittato della contrapposizione tra i governi di Tripoli e Tobrouk per marciare su una Libia sempre più anarchica.Situazione che in qualche modo era stata profetizzata dallo stesso Gheddafi. Lo rivela il britannico Telegraph pubblicando le trascrizioni di alcune telefonate fra l'ex leader libico e l'allora primo ministro Tony Blair. Nel febbraio del 2011 il Muhammar aveva avvisato l'ex leader laburista del rischio proveniente dal jihadismo islamico nel caso in cui fosse stato estromesso dalla Libia.

Gheddafi parlava di "«ellule dormienti» e prevedeva «danni nel Mediterraneo, in Europa e nel mondo intero».

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