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Libia, Renzi non sa che fare e si consegna al Parlamento

Palazzo Chigi smorza gli scenari bellici e rimanda tutto all'aula: spera di avere l'appoggio azzurro offrendo un posto al Copasir

Libia, Renzi non sa che fare e si consegna al Parlamento

Dopo le note ufficiose, Matteo Renzi decide di intervenire in prima persona per dettare lo stop ai tamburi di guerra sulla Libia. Ieri con la sua enews, per richiamare tutti ad evitare «forzature» e avere «prudenza, buon senso ed equilibrio», e oggi con un intervento in diretta tv dal salotto nazional-popolare di Barbara D'Urso su Canale 5, con il chiaro intento di rassicurare il grande pubblico della domenica televisiva sul fatto che no, l'Italia non sta per mettere gli scarponi sul terreno di guerra del deserto libico.La linea del governo italiano, spiega il premier, è chiara e non cambia: un eventuale impegno in Libia potrebbe esserci solo «sulla base della richiesta di un governo legittimato» di quel paese, e «comunque avrebbe necessità di tutti i passaggi parlamentari e istituzionali necessari». La parola guerra, ammonisce il presidente del Consiglio è troppo «drammaticamente seria per essere evocata con la facilità con cui viene utilizzata in queste ore da alcune forze politiche e da alcuni commentatori. Prudenza, equilibrio, buon senso: queste le nostre parole d'ordine, ben diverse da chi immagina di intervenire in modo superficiale e poco assennato». Renzi torna a mettere nel mirino gli scenari bellici disegnati dai giornali e da qualche politico (Lega in primis), ma in realtà ce l'ha soprattutto con quei governi alleati che accreditano imminenti scese in campo delle forze armate italiane: prima l'ambasciatore Usa John Phillips, che ha detto di aspettarsi «5mila soldati» forniti da Roma, ieri quello della Gran Bretagna che sottolinea come l'Italia possa «autorevolmente guidare» la missione in Libia. Ma anche il britannico Christopher Prentice mette dei paletti che sono gli stessi di Palazzo Chigi: «Il supporto internazionale deve essere offerto su richiesta delle autorità libiche, e noi lavoriamo perché il governo di unità nazionale nasca». Sulla stessa linea, assicura uno dei massimi dirigenti Pd, è attestata anche la Casa Bianca, con cui «c'è assoluta intesa, ribadita nei colloqui con Obama di Mattarella e Renzi: nessuno vuole una guerra di Libia, tanto meno gli Usa, che sono interessati solo a fermare Daesh stabilizzando il paese. Ora si lavora tutti per avere un interlocutore legittimato, solo dopo appoggeremo lo sforzo militare dei libici contro Isis». Nessun intervento sul terreno di truppe internazionali, quindi, ma coordinamento militare e copertura aerea per le milizie locali, ed eventuali interventi mirati di commandos. Un supporto strategico e di intelligence, che dovrà coordinarsi con un governo unitario alla cui costituzione la diplomazia italiana lavora febbrilmente anche in queste ore. Quando poi sarà il momento, la decisione passerà per un voto del Parlamento che «sarà molto largo», dicono dal governo, sottolineando la «sintonia» con le «opposizioni responsabili», Forza Italia in testa. Alla quale il Pd si accinge a garantire, con un'operazione parlamentare che sanerà l'attuale esclusione, un posto nel Copasir, il comitato di controllo sui servizi segreti.

Mercoledì prossimo sarà il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni a riferire alle Camere sugli sviluppi della situazione.

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