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L'illusione dello Stato-padrone

L'illusione dello Stato-padrone

Lo chiamavano «il dottor Sottile» per la sottigliezza delle sue idee: Giuliano Amato, padre delle grandi privatizzazioni del 1992, come reagirebbe oggi di fronte alle grossolane provocazioni di quei grillini che, dopo il crollo del ponte Morandi di Genova, vorrebbero un ritorno al passato con le nazionalizzazioni di Autostrade e di altre grandi società o compagnie? Con quella mossa, così come con la svalutazione della lira, Amato riuscì, allora, a dare un po' d'ossigeno all'economia italiana che arrancava con un debito pubblico che raggiungeva già il 105,2% del Pil. Un giorno lo intervistai e l'ex presidente del Consiglio mi spiegò tutte le ragioni della drastica cura dimagrante per le aziende pubbliche: i contribuenti non potevano sostenere più macigni come la Finsider, l'acciaio di Stato che era un vero colabrodo o come l'Efim che, altro pozzo nero, venne liquidato. Oggi la situazione del Belpaese non è certo migliore rispetto a 26 anni fa, eppure c'è chi torna a sostenere che «pubblico è bello»: le statalizzazioni come panacea di tutti i mali. Un ritorno al passato che, ovviamente, non piace neppure al presidente della Confindustria, Vincenzo Boccia che ho interpellato: «Nazionalizzare le autostrade, le telecomunicazioni, le aziende di settori ritenuti strategici significherebbe ripetere gli errori che abbiamo già conosciuto». Secondo il numero uno di Viale dell'Astronomia, «il mestiere dello Stato non è quello dell'imprenditore, ma del regolatore». Insomma, più che gravare maggiormente sulle spalle di tutti gli italiani, con ulteriori aumenti del debito pubblico, il governo dovrebbe creare le condizioni adatte perché il «made in Italy» torni ad essere competitivo. Se adesso, infatti, i cittadini, tra inasprimenti fiscali, risparmi a rischio e previsti tagli alle pensioni, sono piuttosto penalizzati, neppure gli imprenditori, tra balzelli vari, ingessature burocratiche e mancanza di competitività, fanno salti di gioia. Ribadisce a il Giornale il presidente degli industriali: «Pubblico e privato non debbono essere concorrenti ed è fuorviante discutere se sia meglio il primo od il secondo proprio perché i compiti che debbono svolgere sono diversi e non vanno confusi sull'onda dell'emozione o, peggio ancora, della demagogia». Ma una difesa ad oltranza del privato non significa affatto assolvere Atlantia & C. Su questo punto, Boccia è, anzi, molto chiaro: «Se a Genova ci sono stati errori, siamo i primi a chiedere che i colpevoli siano puniti. Ma sulla base di indagini accurate, approfondite e dopo un processo che accerti le responsabilità e stabilisca le condanne secondo legge».

Vedremo se, questa volta, lo Stato saprà finalmente rispondere con equità e giustizia.

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