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Quel linciaggio è un infame precedente

Un'aria infame sul linciaggio in Air France

Quel linciaggio è un infame precedente

Lunedì, a Parigi, c'è stato un tentativo di linciaggio, anzi, secondo le ultime notizie, sono stati tre. Il film della fuga di uno dei tre, il capo delle risorse umane dell'Air France, è stato un evento televisivo memorabile. Lo insegue gente furibonda. È elettrizzata dalla paura che vede dipingersi sul volto abbronzato diventato viola del manager con la camicia strappata e che, mentre scappa insieme a una guardia del corpo, anch'essa sbrindellata, ruzzola a terra, poi riesce ad arrampicarsi e scavalcare una rete. La cravatta gli penzola sul petto nudo, come un cappio.

La faccia è sporca, il fianco è sporco ed inerme. Siamo abituati a vedere fotografie di persone ridotte così da un'esplosione, da un'aggressione. Nascono pena per la vittima e riprovazione per i violenti. Stavolta non è accaduto nulla di simile.

Ritengo questo ancora più grave del fatto in sé.

Questo filmato, infatti, è passato e ripassato su tutti i Tg e sui siti internet, l'immagine è comparsa in prima pagina dovunque. Non si è sentita una sola parola di condanna, una qualsiasi dichiarazione di politici con una presa di distanza. Quel linciaggio riuscito (per uccidere una persona talvolta è peggio lasciarla viva e nuda sotto lo sguardo di tutti) è stato trattato con neutralità compiaciuta, al più come un episodio di costume.

Sono sicuro, anzi non lo sono affatto, che quel signore, di cui non dico il nome per rispetto, sia un lupo mannaro, arrogante come tutti quei tizi incravattati che affrontano questioni di vita e di morte del prossimo con finta compunzione o persino con un sorrisetto.

Nel caso, l'Air France aveva comunicato l'intenzione di licenziare 2.900 persone tra piloti, impiegati ed operai. Il tutto sarebbe stato causato dal rifiuto dei piloti di concorrere al risanamento dei bilanci con un sovrappiù di orario. Non ha distribuito caramelle. Ma - diciamolo - dalle nostre parti non è che l'alternativa è la fame. E, senza entrare nelle questioni di merito, è ancora fresca la memoria delle furenti contestazioni del personale Alitalia che fronteggiava medesime soluzioni nefaste. Poi si è scoperto che piloti e dipendenti in esubero stanno ancora incassando un sacco di soldi che ce li sogniamo in tanti, e pure senza lavorare. E la hostess più scalmanata è diventata consigliera regionale in Liguria dell'Italia dei valori, per meriti di sciopero.

È possibilissimo che l'Air France abbia torto marcio. Ma la violenza è peggio. Lasciarla correre come se fosse una sana reazione dei poveri contro un ricco ben vestito, è qualcosa che sa di precedente infame. È scuola di morte.

Nel 1969 accaddero cose simili fuori dai cancelli delle fabbriche italiane, con i picchetti e le violenze contro operai, impiegati e dirigenti che cercavano di esercitare il loro diritto a non scioperare. Il silenzio dei grandi giornali si trasformò ben presto in approvazione, la violenza per le strade fu minimizzata o considerata una reazione alle provocazioni dei padroni. Fu in questa acqua accogliente e premurosa che si mossero i pescecani delle Brigate rosse, colpendo i manager o gli ingegneri ritenuti più detestati dagli operai, così da guadagnare consenso e spingerli alla lotta armata. Tra le prime vittime, e il paragone impressiona, Ettore Amerio, capo del personale della Fiat, stessa carica del manager linciato dell'Air France, sequestrato a Torino tra il 10 e il 18 aprile 1973. In seguito - lo raccontò Giampaolo Pansa nel 1980 - toccò ai capireparto, minacciati nel chiuso delle fabbriche e circondati da cortei di operai pro-Br come cacciatori di scalpi cheyenne .

Vogliamo o no evitare la ripetizione di questa storia? La violenza e la menzogna marciano insieme, crescono in fretta, sono coltivate dal consenso ottuso e dall'indifferenza.

Non si strappa la camicia alla gente, non si deve picchiare nessuno.

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