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L'inciucio tra Di Maio e Fico fa infuriare il popolo grillino

Il candidato premier incassa pieni poteri sulle liste ma in cambio salva la poltrona dell'avversario. Proteste online

L'inciucio tra Di Maio e Fico fa infuriare il popolo grillino

D al cavillo «salva Fico» alla norma sposta collegio: il nuovo statuto del M5s è frutto di un compromesso tra Luigi Di Maio e Roberto Fico. Le due anime del Movimento, quella radicale che si riconosce nel presidente della commissione di Vigilanza Rai, e quella in giacca e cravatta incarnata dal candidato premier dei grillini, trovano la sintesi nelle regole per le candidature alle Politiche. Il nuovo codice sancisce la tregua tra i due leader pentastellati. Luigi Di Maio ottiene il potere, quasi assoluto, nella scelta dei candidati del Movimento, ma in cambio salva la poltrona di Fico in Parlamento.

La norma che certifica il patto, e che in questi giorni è nel mirino di pesanti critiche da parte degli attivisti nelle chat segrete, introduce una deroga dei limiti di età per le candidature. Il regolamento dell'era Di Maio stabilisce che «chi avrà compiuto 40 anni di età alla data del 1 gennaio 2018 potrà proporre la propria candidatura esclusivamente al Senato. Tale obbligo non è previsto per coloro che ricoprono attualmente l'incarico di portavoce alla Camera». Il leader dell'ala radicale dei grillini, avversario di Di Maio, ha compiuto 43 anni. In base alle nuove norme, Fico avrebbe potuto, dunque, presentare la propria ricandidatura solo al Senato ma in Campania la partita per i seggi a Palazzo Madama non è in discesa per il M5s. E il presidente della commissione Vigilanza Rai avrebbe incontrato più di una difficoltà per riconquistare la sedia in Parlamento. Grazie alla deroga potrà ricandidarsi alla Camera. Discorso analogo vale per Danilo Toninelli, fedelissimo dell'aspirante premier a cinquestelle, con i suoi 43 anni.

La modifica non è un regalo di Natale di Di Maio, che in cambio ha imposto la norma sposta collegio. Il regolamento assegna, infatti, al capo politico del Movimento (Di Maio) la facoltà di spostare i candidati da un collegio (uninominale) all'altro, a patto che rientrino nello stesso collegio plurinominale. Sul piano politico, e soprattutto in prospettiva, la scelta ha un valore enorme: Di Maio potrà blindare i fedelissimi in collegi sicuri, scaricando gli avversari interni (i non allineati) nei collegi in bilico o addirittura considerati già persi. Anche su questo passaggio, la base è in subbuglio perché sparisce il vincolo del legame territoriale. Ma è chiaro che Di Maio pensa già al dopo elezione. A difendere la propria leadership, spazzare i nemici, in un Movimento sempre più sganciato da Beppe Grillo: il comico, nel tradizionale discorso di fine anno, ha annunciato di voler liberare il Movimento dal blog Beppegrillo.it, che tornerà ad essere in tutto e per tutto la voce di Grillo. Pieni poteri, almeno fino al 4 marzo, sono affidati al vicepresidente della Camera dei Deputati, che ieri ha ripreso la guerra contro la stampa, dopo le polemiche per la presenza alla festa di Capodanno al Circo Massimo organizzata dall'amministrazione comunale di Roma: «Mi auguro anche un 2018 senza più fake news. Io non ne posso più. Dovremmo avere un livello di informazione veritiera».

Ma un ruolo centrale lo conserva anche Davide Casaleggio. Che grazie al regolamento mette al sicuro al cassaforte dell'associazione Rousseau garantendosi un contributo mensile di 300 euro da ogni parlamentare per la complessa struttura web del Movimento ovvero per le piattaforme tecnologiche che supportano l'attività dei gruppi e dei singoli parlamentari.

La pace interna costerà a Di Maio soldi e compromessi.

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