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Il killer ora rischia l'accusa di strage

L'incriminazione se i pm accerteranno che Giardiello ha sparato a caso in corridoio

Il killer ora rischia l'accusa di strage

Rischia un'incriminazione per strage. Se la Procura di Monza ravvisasse che Claudio Giardiello abbia sparato a caso nei corridoi del Tribunale di Milano per farsi strada fino alla stanza del Giudice Ciampi, l'ipotesi di reato non sarebbe più omicidio plurimo e tentato omicidio ma strage. Questa mattina, in carcere a Monza, sarà in corso l'udienza di convalida per il suo arresto.

«Grazie che mi avete fermato, avete fatto bene, avrei ucciso ancora e poi mi sarei suicidato, il Tribunale è la mia rovina». Claudio Giardiello era in preda alla furia, è sostanzialmente questo quanto emerso ieri dalla Procura di Monza che si sta occupando della sua posizione dopo il tragico episodio di giovedì mattina in Tribunale a Milano. Il sostituto Procuratore della Repubblica di Monza Franca Macchia, ha stilato ieri gli atti per la richiesta di convalida per il suo arresto, la cui udienza dovrebbe svolgersi questa mattina presso il carcere di San Quirico a Monza, alla presenza del Gip Patrizia Gallucci. Le ipotesi di reato sono al momento omicidio plurimo aggravato dalla premeditazione e tentato omicidio. È da chiarire infatti se oltre alle vittime freddate in aula (il Giudice Fernando Ciampi, l'avvocato Lorenzo Alberto Claris Appiani e l'ex socio dell'immobiliarista Giorgio Erba), l'imprenditore abbia tentato di uccidere le altre tre persone rimaste ferite, suo nipote Davide Limongelli, l'avvocato Paolo Brizzi e il commercialista Stefano Verna, se le abbia colpite a caso tra la folla nei corridoi per aprirsi la strada verso lo studio di Ciampi, o se per ferirle. Nel caso in cui si verificasse la seconda ipotesi, la Procura di Monza lo accuserebbe di strage. A far luce sull'effettiva dinamica, saranno le perizie balistiche, non ancora disponibili.

Sempre dalle prime indagini è emerso che Giardiello non avesse con sé alcun tesserino di riconoscimento, vero o falso, con il quale avrebbe avuto facile accesso a Palazzo di Giustizia a Milano. Dalle perquisizioni eseguite subito dopo il suo arresto (sul suo scooter e tra i suoi abiti) non è venuto fuori alcun documento di riconoscimento di quella natura. Lo stesso Giardiello avrebbe negato agli inquirenti una spiegazione circa l'escamotage utilizzato per accedere al Tribunale, «sono entrato e basta» avrebbe commentato. Le immagini delle telecamere di videosorveglianza che cinturano l'ingresso utilizzato dal 57enne, sono state però già acquisite e sono in via di elaborazione. Forse potranno dare utili elementi per ricostruire le fasi immediatamente precedenti il suo ingresso in Tribunale. Attesi anche gli esiti del narcotest e dell'alcol test effettuati su Giardiello in ospedale, dove si è fatto accompagnare a meno di due ore dal fermo, perché colto da malore.

E sempre da Monza è emersa più chiara la dinamica di quello che, potenzialmente, sarebbe potuto avvenire dopo la mattanza a Palazzo di Giustizia. Quando l'imprenditore è stato fermato dai carabinieri a Vimercate, sotto la sella del suo scooter c'era la pistola, con un colpo in canna ed un altro caricatore da diciotto proiettili, pronto all'uso. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, Giardiello si era fermato a fumare una sigaretta quando i militari lo hanno riconosciuto e fermato. Una pausa forse per decidere in che modo raggiungere la successiva potenziale vittima: l'altro socio non presente in Tribunale.

Oggi, durante l'interrogatorio di convalida per il suo arresto, forse Giardiello deciderà di parlare, di spiegare in che modo i suoi soci e le vittime, a suo dire, lo avrebbero rovinato e quindi meritassero di morire.

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