Politica

La linea dura della magistratura vale solo per politici e imprenditori

Toghe senza pietà coi colletti bianchi, permissivi coi criminali

Fausto Biloslavo

Un estremista islamico in Friuli Venezia Giulia è da tempo sotto la lente degli investigatori. Il magistrato competente, però, respinge la richiesta di arresto. E adesso verrà espulso con decreto del ministero dell'Interno per «motivi di sicurezza nazionale». Le leggi ci sono, ma spesso la loro interpretazione porta a scarcerare un terrorista su 4 come è avvenuto lo scorso anno. «Il problema di gran parte dei magistrati con il terrorismo di matrice islamica è che non si immergono, in punta di diritto, nel contesto attuale. E sono pochi quelli che conoscono veramente il fenomeno» spiega un addetto ai lavori. Dei 23 accusati di terrorismo nel 2015 ben 10 sono tornati in libertà molto rapidamente, cinque di questi perché erano scaduti i termini della custodia cautelare.

Per non parlare delle inchieste, che poi vengono smontate a seconda della procura. A Roma erano pericolosi terroristi e a Trento no. Il risultato è che sono stati scarcerati in 7 compreso Ibrahim Jamal, soprannominato Hitler, uno dei referenti della cellula di Merano legata a mullah Krekar predicatore e reclutatore curdo iracheno, che vive in Norvegia.

Lo scorso maggio il Gip del Tribunale di Bari, Francesco Agnino, ha giudicato «insussistenti gli indizi di colpevolezza» per il reato di terrorismo internazionale nei confronti di tre afghani. «L'attività di indagine ha evidenziato al più l'appartenenza al mondo dell'integralismo islamico» dei sospetti, secondo il Gip, come se non ci fosse da preoccuparsi.

La legge antri terrorismo del 15 aprile 2015 è un importante passo in avanti, ma forse non basta. I volontari della guerra santa in partenza per la Siria, che prima non si potevano fermare, rischiano da 5 a 8 anni di carcere. «Il problema, però, è il processo alle intenzioni. Non sempre è facile stabilire se un sospetto vuole partire veramente oppure no» spiega un investigatore.

L'autorizzazione ad utilizzare le intercettazione preventive da parte delle forze dell'ordine «per le indagini in materia di terrorismo» islamico viene usata ampiamente. Teoricamente, però, la magistratura può sempre dire di no, come è successo al G8 di Genova.

Le nuove norme antiterrorismo hanno concesso ulteriori poteri per contrastare la minaccia in rete, ma rimane sempre il grosso scoglio dei colossi di internet, come Google, che spesso si rifiutano di consegnare i dati. Stesso discorso per i codici degli smartphone, che hanno provocato un braccio di ferro fra Apple ed Fbi sulla strage di San Bernardino (14 morti).

Un altro capitolo dolente è la legislazione sull'immigrazione. Gli ultimi due terroristi in Germania avevano l'asilo politico. In Italia, per garanzia costituzionale, ogni migrante che si vede respinto il diritto d'asilo può fare ricorso al Tar. Nel frattempo resta nel nostro paese. «Sono migliaia ed è impossibile controllare tutti. Una volta respinta la domanda dovrebbero andarsene e non ottenere la sospensiva» spiega una fonte delle forze dell'ordine coinvolta sullo spinoso tema.

Al danno del terrorismo si aggiunge la beffa delle serpi in seno di casa nostra, che ricevono aiuti o sussidi. Mohamed Koraichi e Alice Brignoli ricercati da aprile, prima di partire per la Siria ottenevano 1000 euro al mese di assistenza nel comune di Bulciaghetto, in provincia di Lecco. Stesso discorso per Ajman Veapi, il macedone arrestato lo scorso marzo. Reclutatore dell'Isis incassava da due anni 500 euro mensili dal fondo regionale di solidarietà del Friuli Venezia Giulia.

Nel 2015 sono finite in manette 259 persone per reati in qualche maniera legati al terrorismo e 74.177 sono state controllate. Circa un migliaio sono i potenziali jihadisti considerati pericolosi. «Non abbiamo le forze per sorvegliare tutti gli estremisti - spiega una fonte dell'antiterrorismo - Per un controllo h24 con intercettazioni, telecamere e pedinamenti ci vogliono una dozzina di uomini impegnati ogni giorno».

Non a caso gli addetti ai lavori ribadiscono che con l'aumentare della minaccia «avremmo bisogno del 30% del personale in più».

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