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L'Inps liquida il renzismo: costi scaricati sui giovani e tagli alle loro pensioni

Tito Boeri boccia il governo precedente: ha creato debito. Il ministro De Vincenti: i soldi ci sono

L'Inps liquida il renzismo: costi scaricati sui giovani e tagli alle loro pensioni

Le riforme del governo Renzi peseranno sulle generazioni future e il conto si presenterà sotto forma di un taglio delle pensioni. Tesi forte quella espressa ieri da Tito Boeri nel corso di un convegno organizzato dal Sole 24 Ore.

È il riconoscimento postumo delle ragioni dei «gufi»: le scelte del precedente governo sono il contrario dell'equità. Avranno un costo più alto di quello stimato e peseranno, tanto per cambiare, sulle nuove generazioni. Il governo è cambiato ma il presidente dell'Inps non cambia obiettivo. Le riforme previdenziali dell'esecutivo guidato da Matteo Renzi non vanno bene.

Promosso con riserva l'alleggerimento della riforma Fornero, l'anticipo pensionistico (Ape) che ha il pregio di contenere «forti elementi di equità». Ma il resto è a rischio, in particolare le nuove quattordicesime rafforzate. Operazioni che non tengono «conto della situazione economica complessiva delle famiglie» mentre bisognerebbe «concentrare l'aiuto su persone che sono in situazioni reddituali e patrimoniali di difficoltà: c'è uno strumento per farlo che è il nuovo Isee». Troppa generosità verso i pensionati, «categorie che hanno già fruito di trattamenti più vantaggiosi di chi li fruirà in futuro», ha spiegato l'economista.

Il concetto chiave dell'attacco di Boeri è il debito implicito. Il costo futuro di scelte fatte oggi. Non riconoscerlo è la cifra delle politiche economiche del centro sinistra degli anni Settanta e Ottanta. Con le scelte del precedente governo c'è stato un revival, con la differenza che gli spazi per fare debito pubblico non ce ne sono e quindi alla fine dei conti bisognerà prendere i soldi da qualche parte. Boeri la mette così: «Dire che il debito implicito non ha valore, è come dire implicitamente che in futuro si taglieranno le pensioni». In altre parole, se i costi delle politiche previdenziali più recenti non sono stati valutati correttamente, saremo obbligati a tagliare gli assegni.

Attacco tutto rivolto al precedente esecutivo. Nonostante Boeri sia stato nominato da Renzi, i rapporti tra i due non sono mai stati buoni. Ma le parole di Boeri potrebbero complicare la vita anche a Paolo Gentiloni e al ministro del Lavoro. Il governo è alle prese con i decreti attuativi dell'Ape, l'anticipo pensionistico. Il presidente della commissione Lavoro del Senato Maurizio Sacconi ha annunciato che convocherà Giuliano Poletti per chiarire quanto costeranno le riforme previdenziali messe in campo l'anno scorso.

Per ora ha risposto il ministro per il Mezzogiorno Claudio De Vincenti, sottosegretario alla presidenza ai tempi di Renzi, assicurando che la riforma è «del tutto sostenibile per la finanza pubblica sia nell'immediato che in prospettiva. Siamo fieri di aver trovato i fondi per farlo».

Il fatto è che i costi delle leggi in materia di pensioni devono, secondo la legge devono essere valutati nell'arco di dieci anni. E il calcolo lo fa la stessa Inps. «Diventa a questo punto necessaria una risposta motivata dei ministeri del Lavoro e dell'Economia anche alla luce del negoziato in corso con la Commissione wuropea», ha spiegato Sacconi nel blog dell'Associazione amici di Marco Biagi.

A sinistra le parole di Boeri sono state respinte. Dichiarazioni «sconcertanti».

Il rafforzamento delle quattordicesime varrà solo per le pensioni inferiori ai mille euro.

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