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L'ipotesi "dimissioni congelate": tutti i precedenti

Quella di rimandare la crisi di governo a dopo l'approvazione della Finanziaria non è una novità: capitò già con Monti e due volte con Berlusconi

L'ipotesi "dimissioni congelate": tutti i precedenti

L'ipotesi di dimissioni congelate fino all'approvazione definitiva della legge di Bilancio su cui starebbe ragionando Matteo Renzi non sarebbe una novità nella storia recente della Repubblica.

Già nel 2012 era stata questa la scelta di Mario Monti, che il 7 dicembre decise di lasciare dopo che l'allora segretario del Pdl, Angelino Alfano, aveva detto di considerare "conclusa l'esperienza" di quell'esecutivo. Il giorno dopo al Quirinale, Monti disse di essere di fronte ad "un giudizio di categorica sfiducia nei confronti del governo e della sua linea di azione" e presentò formalmente le dimissioni, ma accettò la richiesta di Giorgio Napolitano di restare a Palazzo Chigi finché non fosse approvata la legge di Stabilità. Monti lasciò ufficialmente il 21 dicembre, consentendo al Capo dello Stato di sciogliere le Camere il giorno dopo e indire le elezioni il 24 e 25 febbraio 2013.

Un altro precedente avvenne nel novembre 2010, sempre con Napolitano protagonista. Allora alla Camera pendeva una mozione di sfiducia nei riguardi del governo guidato da Silvio Berlusconi. Il Capo dello Stato, dopo aver ricevuto il 16 novembre i presidenti del Senato e della Camera, Renato Schifani e Gianfranco Fini, registrò "la concorde adesione delle forze parlamentari all'esigenza di dare la precedenza, nei lavori" delle Assemblee di palazzo Madama e Montecitorio "all'approvazione finale delle leggi di stabilità e di bilancio per il 2011". Solo dopo, quindi si sarebbe proceduto all'esame della mozione di sfiducia, che fu respinta a dicembre.

Lo stesso Napolitano nei giorni precedenti all'incontro con Schifani e Fini aveva ricordato che "ci si regolò analogamente nelle vicende di fine anno 1994".

Anche allora era alla guida del governo Berlusconi e di fronte alla crisi per la presentazione di mozioni di sfiducia dopo l'abbandono della maggioranza da parte della Lega, si aspettò l'approvazione della Finanziaria, prima che il presidente del Consiglio, il 22 dicembre, salisse al Colle per le dimissioni.

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