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L'Isis cerca reclutatori a Tirana «Devono parlare bene l'italiano»

Luigi GuelpaIl reclutatore di jihadisti cercasi: perfetta conoscenza della lingua italiana e dei più importanti sistemi informatici. Compenso esentasse 2mila euro. Suona più o meno così il messaggio della nuova campagna lanciata dall'Isis che sta ingaggiando in Albania nuovi proseliti da inviare nel nostro Paese. La notizia, anticipata dai media, è stata confermata dal «Sherbimi Informativ», l'intelligence di Tirana, che tira in ballo addirittura il 61enne Yasin Al Qadi, banchiere originario di Jeddah, già membro dei Fratelli musulmani e un tempo vicino a Bin Laden prima di abbracciare la causa del Califfato. Sarebbe il miliardario saudita ad aver ideato il piano anti-Italia per conto di Al Baghdadi. Tra il 1993 e il 1998 Al Qadi ha vissuto tra Tirana e Kukes (a due passi dal Kosovo), occupandosi, assieme al socio giordano Abdul Latif Saleh, del finanziamento della rete jihadista nei Balcani. Secondo una nota dell'Fbi Al Qadi avrebbe svolto anche un ruolo centrale nel sostegno economico per la realizzazione degli attentati contro le ambasciate degli Stati Uniti in Tanzania e Kenya del 1998, così come tra le altre cose nell'appoggio a Mohamed Morsi per la campagna elettorale 2012 in Egitto. Il rapporto del «Sherbimi» parla di una prima trance di 600mila dollari messa a disposizione per questa nuova operazione che ha come obiettivo il creare instabilità in Italia attraverso una rete di infiltrati. L'organizzazione, almeno secondo le inchieste, avrebbe basi operative a Tirana, Ancona (naturale avamposto verso l'Albania) e Brescia, da dove lo scorso luglio venne espulso Alban Elezi, albanese, arrestato nell'ambito di un'inchiesta della Procura sul reclutamento di «foreign fighters» per l'Isis. Il rischio di infiltrazioni di cellule terroristiche in Italia dai Balcani è piuttosto elevato, lo si evince dal rapporto della Kosovo Force della Nato che parla di circa un migliaio di guerriglieri. Terroristi a cui farebbero comodo i 2mila euro al mese offerti dall'organizzazione per reclutare miliziani in Italia o magari anche per rendersi parte attiva in possibili attentati.Nel frattempo il prefetto di Ancona, Antonio D'Acunto, ha annunciato un rafforzamento del sistema di monitoraggio al porto del capoluogo delle Marche e a quello di Loreto, ma diventa necessaria una collaborazione a tutto campo con i Paesi vicini, per poter potenziare il controllo su flussi e traffici verso l'Italia. Partendo dalla Grecia, che purtroppo in questo momento è un po' il ventre molle nel sistema di sicurezza per la sua drammatica situazione economica. Chi dovrebbe controllare gli accessi da Albania e Kosovo spesso finisce per intascare denaro e chiudere più di un occhio. Nell'operazione di reclutamento risulterebbe coinvolto un non meglio precisato imprenditore italiano, di casa in Albania (almeno 29 viaggi da Fiumicino al «Nene Tereza» di Tirana solo nel 2015), sospettato dagli uomini delle Fiamme Gialle di gestire un traffico internazionale di sostanze tossiche utilizzate per la costruzione di razzi e altri ordigni da destinare alla Siria. Dove per altro aveva combattuto e perso la vita Giuliano Delnevo, il giovane genovese convertito e arruolatosi nella Brigata Muhajiriin.

Secondo la procura di Genova Delnevo era stato nelle Marche nel 2008 per approfondire gli studi religiosi e proprio ad Ancona sarebbe entrato in contatto con la stessa rete di reclutatori che oggi vorrebbe seminare il terrore nel nostro Paese.

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