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L'Italia a caccia di brigatisti. "Lojacono rida finché può"

Salvini diffonde la lista dei terroristi italiani protetti all'estero: "Pronto ad andare da Macron"

L'Italia a caccia di brigatisti. "Lojacono rida finché può"

Ingabbiato Cesare Battisti Matteo Salvini è pronto a tornare in pista. La nuova stagione di caccia del Ministro si apre, ieri, con la diffusione della lista dei 30 «most wanted», trenta terroristi super ricercati, 27 di sinistra e tre di destra, che da decenni si fanno beffe della giustizia italiana grazie alla protezione di vari paesi. Nel frattempo però una delle sue prede, il brigatista rosso Alvaro Lojacono, latitante impunito in Svizzera, spara a zero sul ministro. Intervistato dalle Iene definisce il Salvini «sceriffo», liquida il caso Battisti come una parata «costruita negli anni» sull'«immagine del nemico pubblico numero uno» e invita l'Italia a «fare domanda per il cumulo della pena». «Essere insultato da un assassino terrorista in vacanza in Svizzera per me è una medaglia: rida finché è in tempo, faremo tutto il possibile perché finisca finalmente in galera in Italia» la risposta di Salvini.

Mentre Lojacono attacca il Viminale prepara la sua offensiva. In testa alla lista dei catturandi c'è il 67enne Alessio Casimirri, l'ambiguo e sfuggente protagonista del brigatismo rosso che s'è guadagnato sei ergastoli partecipando al rapimento Moro e a numerosi altri delitti come l'assassinio, eseguito personalmente, del magistrato Girolamo Tartiglione. Fuggito in Nicaragua nel 1982 Casimirri continua a passarsela indisturbato gestendo il ristorante aperto a Managua assieme alla consorte nicaraguense. Se il Nicaragua rischia di rivelarsi una riserva impenetrabile il terreno di caccia più infido per Matteo Salvini resta quello francese. Sotto lo sguardo indifferente di Emmanuel Macron continua infatti la «pacchia» di almeno 14 dei trenta super latitanti italiani. La partita francese è tutt'altro che semplice. Se anche Salvini superasse l'ostilità, assolutamente, reciproca, che lo contrappone a Macron riuscendo, come promette, ad intavolare una trattativa diretta il problema non si risolverebbe. Una volta convinto l'inquilino dell'Eliseo Salvini dovrebbe sbrogliare gli intrecci giuridico politici di uno scontro che dura dai tempi di Francois Mitterrand.

Fu il presidente socialista, nel lontano 1985, a dettare le regole della «Dottrina Mitterrand», in base alle quali non venivano concesse estradizioni a paesi «il cui sistema giudiziario non corrisponda all'idea che Parigi ha delle libertà». Regole arbitrarie e in contrasto con il diritto internazionale, ma in linea con le ambiguità di una Parigi dove, negli anni 80, l'eversione rossa godeva di molte coperture. Per anni si discusse dei rapporti tra i vertici delle Br e la scuola di lingue Hyperion fondata a Parigi da Corrado Simioni, un professore italiano sospettato di essere il «grande vecchio» delle Br. Sospetti che non hanno impedito a Simioni di vivere in Francia, dove è morto nel 2008, senza che mai s'indagasse su di lui. Non a caso tra il 1984 e il 2004 la Dottrina Mitterrand garantì l'incolumità ad oltre un centinaio di latitanti di sinistra. Venuta meno nel 2002 con l'estradizione del brigatista Paolo Persichetti e dichiarata illegittima nell'ambito del caso Battisti dal Consiglio di Stato, la Dottrina Mitterrand sopravvive nei fatti garantendo l'incolumità a tanti terroristi di sinistra condannati in via definitiva per omicidio.

In testa ai quattordici che Salvini vuole indietro c'è Giorgio Pietrostefani, il fondatore di Lotta Continua, condannato a 22 anni per l'omicidio del commissario Calabresi. E dietro a Pietrostefani spicca il trio di brigatisti rossi composto da Enrico Villimburgo, Simonetta Giorgeri e Carla Vendetti. Villimburgo, un ex tecnico informatico membro della colonna romana delle Br oltre ad aver partecipato al rapimento Moro è stato condannato all'ergastolo per gli omicidi Bachelet, Minervini e Glavaligi. Simonetta Giorgieri, 62 anni, e Carla Vendetti, 59 anni, sono invece esponenti di primo piano delle nuove Br tra le cui fila hanno partecipato ai delitti Biagi e D'Antona. E le storie della restante decina di terroristi protetti dalla Francia non sono certo migliori.

Si tratta, come nel caso Battisti, di assassini conclamati che non hanno mai pagato le loro colpe e non si sono mai pentiti, ma continuano a farsi beffe della giustizia e delle proprie vittime.

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