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L'Italia «snobba» il summit. Ecco perché la Ue ci ignora

Al vertice sul Partenariato c'è soltanto un sottosegretario a trattare con premier e ministri degli Esteri dell'Unione

L'Italia «snobba» il summit. Ecco perché la Ue ci ignora

La scudisciata subita solo cinque giorni fa con il sorteggio perduto dell'Agenzia Europea del farmaco brucia ancora, ma il nostro governo non sembra aver capito la lezione. Non sembra aver compreso che in Europa chi non c'è difficilmente può illudersi di contare. Per capirlo basta analizzare la foto di famiglia del quinto summit per il Partenariato Orientale, un appuntamento biennale organizzato dal Consiglio europeo che riunisce i capi di Stato di sei Paesi dell'ex blocco sovietico (Ucraina Georgia, Moldavia, Azerbaijan, Armenia e Bielorussia) e quelli dei 28 Paesi europei.

Un appuntamento importante per gettare le basi di futuri accordi politici, economici e di cooperazione in un'area dove lo sviluppo economico ha bisogno delle tecnologie e dell'esperienza di aziende come quelle italiane e dove la crescita economica apre spazi a sempre nuovi accordi commerciali. Per non parlare del settore energetico costante cruccio dell'Italia e di altri paesi europei. Non a caso all'appuntamento non sono mancate né una Theresa May con mezzo piede già fuori dall'Europa, né una Angela Merkel alle prese con le estenuanti alchimie della sua ancora incerta formula di governo. Eppure seppur stravolta e provata, come testimonia chi l'ha incontrata, la Cancelliera ha trovato il tempo per mettere in piedi una decina di incontri bilaterali con i suoi omologhi europei e con quelli dei paesi dell'Est. E altrettanto hanno fatto, seppur con meno energia e meno autorevolezza, anche il primo ministro francese Édouard Philippe, il premier belga Charles Michel quello svedese Stefan Löfven e il ministro degli Esteri spagnolo Alfonso Dastis. Tutto questo per dire che uno dei pochi paesi privi di una rappresentanza di alto livello era l'Italia. Per capirci il protagonista italiano dei primi venti minuti del summit è stato il sottosegretario Mario Giro. Una presenza a tratti anche imbarazzante in termini di competenze specifiche visto che Mario Giro, persona gentile e amabilissima dal punto di vista personale, ricopre purtroppo il ruolo di sottosegretario per l'America Latina. Ma il peggio è venuto quando - ritiratosi il sottosegretario Giro - l'Italia si è ritrovata rappresentata dall'ambasciatore presso l'Ue Maurizio Massari. Un ambasciatore sicuramente competente e informato, ma decisamente poco indicato per trattare alla pari con capi di Stato. La foto di famiglia scattata al termine del vertice in cui l'ambasciatore Massari è sovrastato da personaggi come Theresa May, Angela Merkel e da una corte di premier e ministri degli Esteri diventa dunque un'utile cartina di tornasole per comprendere perché l'Italia in Europa non riesce mai a tirare fuori un ragno dal buco. La presenza del povero Massari, che ci scuserà per venir usato come simbolo delle distrazioni e delle defezioni del nostro governo, equivale da molti punti di vista all'infelice decisione di affidare ad un sottosegretario come Sandro Gozi la delicatissima e cruciale trattativa sull'Agenzia europea del farmaco. Una trattativa che inevitabilmente doveva essere affidata ad un ministro. Una trattativa in cui la mancanza di personaggio italiano conosciuto e autorevole ha offerto alla Spagna l'opportunità di contraccambiare lo sgarbo del summit europeo di Ventotene dell'agosto 2016 quando l'allora premier Matteo Renzi si rifiutò d'invitare il poco amato Mariano Rajoy. Certo, qualcuno potrebbe obbiettare che una presenza di alto livello in un vertice organizzato dall'Ue per rubare terreno commerciale e presenza politica nel cortile di Vladimir Putin rischia di compromettere ulteriormente i rapporti con la Russia.

Ma quelli ce li siamo già giocati con l'adesione a delle sanzioni costateci oltre tre miliardi di contratti mancati.

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