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La lobby in toga che frena la riforma della giustizia

Dall'Anm ai soliti giudici, attacchi al testo di Orlando. L'ex pm di Mani pulite Davigo: "Si occupa di cose inutili"

La lobby in toga che frena la riforma della giustizia

Riforma della giustizia, vade retro . Più si avvicina il consiglio dei ministri del prossimo 29 agosto, l'ora «x» fissata dal premier Matteo Renzi per quello che, se andrà in porto, rischia di essere davvero un cambiamento epocale, già solo per il fatto che in Italia è quasi un dogma che le toghe non si toccano, più la fronda del «no» al cambiamento scende in campo. Dall'Anm a toghe di prima linea, di ieri e di oggi, la parola d'ordine è una sola: la riforma non s'ha da fare, o meglio non si devono intaccare i privilegi delle toghe.

L'ultimo affondo, in ordine di tempo, è stato quello di uno dei volti storici di Tangentopoli, Piercamillo Davigo, già pm del pool Mani pulite di Milano e adesso consigliere di Cassazione, che qualche giorno fa in Valle d'Aosta, a Champoluc, a un dibattito, ha sentenziato: la riforma messa in cantiere dal ministro di Giustizia Andrea Orlando «si occupa di cose sostanzialmente inutili». Inutili? Inutile la riforma del processo civile, con cinque milioni di procedimenti fermi al palo per sovraffollamento e una media di 940 giorni per una prima definizione? Inutile, dopo le bacchettate dell'Europa e il fallimento della legge Vassalli, mettere mano al tema della responsabilità civile dei magistrati? Secondo Davigo sì: «Ho visto le linee guida – ha spiegato il magistrato – che contengono un errore di fondo. Si vuole fissare ancora una volta la durata massima di un processo anziché cercare di ridurre il numero dei processi per snellire l'attività della magistratura. Occorre disincentivare in ogni modo il ricorso alle cause, civili e penali. Chi ha torto deve pagare, non costringere chi ha ragione a fargli causa. Deve sapere che se finirà davanti a un giudice e questi capirà che ha torto, si prenderà una condanna ancora più pesante». Quando al numero abnorme di processi, l'ex pm di Mani pulite dà la colpa alla lobby degli avvocati, che vive di nuove cause.

E la lobby dei magistrati? Se Davigo si limita a bollare come «inutili» i contenuti della proposta di riforma, altre toghe usano toni ben diversi. Tra i più attivi, anche per il suo ruolo, il presidente dell'Anm Rodolfo Sabelli. In particolare sul punto che più brucia ai giudici, sinora abituati a farla sempre franca anche in caso di errori conclamati: quello della responsabilità civile. Anche lui punta, come Davigo, sull'inutilità: «C'è un'attenzione spropositata – ha spiegato più volte Sabelli nelle ultime settimane – se ne parla tanto da far credere che i magistrati sbagliano a ogni piè sospinto». Ma, aggiunge il leader dell'Anm, «nessuna riforma della responsabilità civile potrà mai assicurare tempi più rapidi ai processi e migliore qualità della giustizia». E ancora: «Il sistema giustizia ha diverse criticità, non mi pare che la riforma della responsabilità civile fosse la priorità». Decisamente più duro, lo scorso 19 luglio, il pm del processo di Palermo sulla trattativa Stato-mafia, Nino Di Matteo, che dal palco allestito nel ricordo di Paolo Borsellino, oltre ad attaccare il presidente della Repubblica (e del Csm) ha accusato: «Non si può assistere in silenzio ai tanti tentativi in atto - dalla riforma già attuata dell'ordinamento giudiziario a quelle in cantiere sulla responsabilità civile dei giudici - finalizzati a ridurre l'indipendenza della magistratura a vuota enunciazione formale con lo scopo di comprimere e annullare l'autonomia del singolo pm».

Tanti i «no» in toga al Guardasigilli Orlando. Anche su intercettazioni, riforma del Csm, smantellamento delle carriere basate sull'appartenenza alle correnti. Mancano solo dieci giorni all'ora «x» del 29 agosto.

Ma la strada della riforma della giustizia resta impervia.

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