Politica

Londra, bomba sexgate Il suo vice e un ministro mettono nei guai la May

Green accusato per un flirt su Internet, Garnier per aver insidiato la segretaria

Erica Orsini

Londra Più della Brexit poté il Sexgate. Lo scandalo sulle molestie sessuali a Westminster rischia di stroncare definitivamente il governo di Theresa May. In un paio di giorni i media sono riusciti a scoprire di tutto sulle malefatte di semplici deputati, ex ministri e ministri conservatori tanto che sarebbero ben 40 i parlamentari che in questi anni hanno avuto comportamenti non proprio specchiati nei confronti dello staff di Westminster. Ieri la storiaccia ha travolto perfino il ministro della Difesa Michael Fallon, sbattuto in prima pagina per un episodio avvenuto nel 2002, quando durante una cena aveva messo le mani sulle ginocchia della giornalista radiofonica Julia Hartley-Brewer. Lei ha dichiarato di non essersi mai sentita una vittima e di aver trovato l'episodio «abbastanza divertente». Ha raccontato anche di aver minacciato Fallon di rifilargli un pugno in faccia se non la smetteva subito e lui si era ritirato immediatamente scusandosi. Ieri lo stesso Fallon ha confermato il tutto ma la frittata ormai era fatta.

Dei parlamentari accusati di molestie, che vanno dal comportamento inappropriato ad amanti plurime messe incinte e fatte abortire o pagate per il loro silenzio, esiste anche una lista compilata dagli stessi assistenti e ricercatori conservatori di Westminster di cui si parlava già da un paio di giorni e che alla fine è sbucata in rete, pubblicata in forma anonima da un sito specializzato nella diffusione di immagini che poi diventano virali. Pochi nomi e moltissimi omissis, la maggioranza dei presunti colpevoli sono deputati ma ci sarebbero anche cinque ministri di Gabinetto, altri ministri e numerosi ex ministri dei Tories. Di molti si ignora ancora il nome, mentre già si conoscono quelli di Damian Green, principale alleato della May nelle trattative sulla Brexit e del ministro per il commercio Mark Garnier. Il primo appare nell'«elenco della vergogna» per aver intrecciato una relazione extraconiugale attraverso un sito online, il secondo invece è accusato di aver chiamato la sua segretaria personale «sugar tits» (tette di zucchero) chiedendole inoltre di acquistare per lui dei giocattoli sessuali. Alcuni giornali come il Times hanno deciso di non pubblicare la lista perché le accuse non sono state verificate oppure non contengono prove che le supportino e alcuni dei citati hanno negato la loro veridicità. Inoltre alcune delle relazioni riportate erano già note, ma non contenevano alcun comportamento improprio come la storia tra il ministro degli Interni Amber Rudd e Kwasi Kwarteng, attuale assistente del ministro delle Finanze. Il dettaglio probabilmente è destinato a sollevare ulteriori polemiche ma rimane, appunto, un dettaglio. Sebbene il Primo Ministro si sia affrettato a garantire che verranno presi provvedimenti seri e immediati nei confronti di tutti coloro trovati colpevoli, lo scandalo rischia di rivelarsi peggiore di quello che il caso dei falsi rimborsi parlamentari fu per l'ex Premier Cameron.

E allora, di Brexit neppure si parlava.

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