Cronache

"Londra ci nega Charlie. Motivi legali, un fatto triste"

La presidente dell'ospedale vaticano: "Hanno rifiutato di trasferirlo a Roma. Che errore far decidere i giudici"

"Londra ci nega Charlie. Motivi legali, un fatto triste"

Roma - «Noi non saremmo mai ricorsi e non ricorreremo mai a un tribunale per far decidere le sorti di un bimbo, se costringere i genitori a far staccare la spina o meno. Piuttosto cercherei un dialogo, un confronto con loro, per cercare la soluzione che guardi al bene del bambino». A parlare, in questa intervista al Giornale, è Mariella Enoc, presidente dell'Ospedale Bambino Gesù che ha contattato il Great Ormond Street Hospital di Londra per offrire la disponibilità ad ospitare e assistere Charlie Gard, il bambino di dieci mesi affetto da una grave patologia genetica a cui i medici londinesi staccheranno le macchine che lo tengono in vita nonostante la volontà contraria dei genitori.

Presidente Enoc, che risposta avete avuto da Londra?

«L'ospedale ci ha contattato dicendo che non è possibile trasferire Charlie per motivi legali, sulla base delle sentenze. Questa è un'ulteriore nota triste. I nostri ricercatori intanto studiano il caso e poi parleranno direttamente con la famiglia».

Ha sentito i genitori del piccolo?

«Sono stata contattata dalla mamma. È una signora molto determinata e molto decisa, che non vuole cedere di fronte a nulla. Ci ha chiesto di provare a verificare la possibilità che questa cura venga fatta, e i nostri medici e scienziati stanno approfondendo la possibilità».

Come è nata l'idea di offrire la disponibilità ad accogliere Charlie?

«Quando il Papa, domenica scorsa, ha auspicato che non venga trascurato il desiderio dei genitori di accompagnare e curare sino alla fine il proprio bimbo, mi è sembrato che in qualche modo il Pontefice interpellasse noi, che chiedesse al suo ospedale un gesto concreto. Noi siamo il braccio operativo del Papa e ci siamo subito attivati e messi in contatto con l'ospedale di Londra offrendo la nostra disponibilità ad accogliere il bambino».

Che cure potete offrire al bimbo?

«Charlie purtroppo non ha lunga vita davanti e noi non facciamo miracoli, non abbiamo cure e non illudiamo nessuno. Quello che faremmo, se i genitori lo volessero, è tenere qui il bambino, offrendo un luogo dove il bimbo, i genitori e i familiari possano trovare serenità e accoglienza, parlare con loro, informarli sullo stato di salute e operare quanto decidono i genitori: se decidessero di interrompere le cure, esaudire il loro desiderio; se invece volessero portarlo alla morte naturale accompagnarli in questo passaggio doloroso, come facciamo con tanti bambini, ogni giorno. Quello che è sicuro è che i genitori non sarebbero obbligati, da una decisione di un tribunale, a staccare le macchine senza il loro consenso. Noi non abbiamo l'obbligo di far staccare la spina».

Che messaggio vuole mandare ai genitori del bimbo?

«Credo che la coppia debba capire la gravità della malattia del bambino e scegliere per il bene del piccolo. Ogni scelta sarà certamente d'amore».

Come giudica la decisione della Corte?

«Tutto sta nel capire se ci troviamo di fronte ad accanimento terapeutico, perché non si deve far soffrire inutilmente il bambino. Ma siamo in una zona grigia, è molto difficile comprendere cosa sia accanimento terapeutico o no. Se fosse davvero accanimento terapeutico, dovremmo evitare di fare violenza sul piccolo. Se non lo fosse, dovrebbero decidere i genitori. In ogni caso credo che debbano decidere i genitori correttamente informati».

Cosa risponde a chi accusa il Papa di essersi pronunciato troppo tardi sul caso di Charlie?

«Il Papa parla sempre al momento giusto. E le sue non sono solo parole.

Noi abbiamo risposto anche con i fatti, offrendo la possibilità di accogliere il bimbo».

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