Politica

Londra insegna: l'Europa resta il male minore

di Giancarlo Mazzucca

M ea culpa» di un vecchio euroscettico. Esattamente nel giugno del 2016 la Gran Bretagna decise, con il famoso referendum, di lasciare la UE: vinse Brexit e per il primo ministro Cameron fu un clamoroso autogol. Al di là di certe preoccupazioni che emersero subito dopo l'esito del voto, il sottoscritto fu tra coloro che gridarono all'untore rappresentato dall'europeista convinto a 360 gradi. Dissi, allora: vedete che si può osare di più? Vedete che dall'Europa si può anche uscire? Basta avere un pizzico di coraggio come hanno di dimostrato i cittadini di Sua Maestà britannica. Noi facciamo baccano, strepitiamo, ma, quando si tratta di agire, non cambiamo neppure di una virgola. Tra l'altro, a differenza degli italiani, la perfida Albione non deve neppure pagare la cambiale dell'euro perché Londra, da sempre, ha preferito restare fuori dal club della moneta unica.

A distanza di dodici mesi, debbo, invece, ricredermi un po' perché il club di Bruxelles avrà pure tanti difetti, ma è sempre meglio essere attaccati al carro comunitario piuttosto che tentare l'avventura da soli in mare aperto. Insomma, l'Europa si rialza un anno dopo: basta guardare cosa sta succedendo agli inglesi che saranno pure amanti dello «splendido isolamento», ma che, per ora, stanno solo scontando la loro colpa: avere, appunto, voluto navigare in splendida solitudine.

Dalle parti di Westminster è successo di tutto: prima c'è stato il ritiro di Cameron, poi il difficile arrivo della May, quindi le serrate trattative subito in salita con Bruxelles per sancire il divorzio e infine lo scontento della Scozia che non vorrebbe lasciare il Vecchio continente. Senza considerare tutti gli attentati terroristici a Londra e dintorni. Siamo arrivati al punto che Theresa per puntellare una «premiership» a rischio, abbia deciso di ricorrere ad elezioni-bis che hanno avuto l'effetto opposto perché Downing Street adesso fa acqua da tutte le parti. E siamo quasi all'assurdo: la May, che è salito al potere proprio grazie a Brexit, per restare ancora in carica deve, oggi, prendere in qualche modo le distanze dal suo vecchio cavallo di battaglia anti-europeo.

La situazione si è, dunque, capovolta: se nel 2016 gli inglesi facevano la voce grossa per divorziare subito dai vecchi partner, oggi cercano disperatamente una via d'uscita indolore e già si parla di Soft Brexit. In altre parole, la May & C. starebbero verificando la possibilità di restare comunque attaccati a qualche carro che, magari, potrebbe essere l'Efta - con Islanda, Norvegia e Liechtenstein -, da sempre in ottimi rapporti con Bruxelles. Certo, il castello europeo è pieno di spifferi e non sono state neppure costruite - come rilevò il Nobel dell'economa Milton Friedman al momento del varo della nuova moneta le vie di uscita in caso di crisi dell'euro, ma, Londra docet, è comunque preferibile navigare assieme ad altri piuttosto che in solitario.

Finché la barca va.

Commenti