Politica

Londra, liste di proscrizione per i lavoratori stranieri

La richiesta alle aziende del ministro degli Interni, che vuol favorire la manodopera locale, scatena l'inferno

«E adesso non chiamatemi razzista!». Non erano passate 24 ore dalla proposta del ministro agli Interni inglese Amber Rudd, di creare delle liste di proscrizione per i lavoratori stranieri, che già si era scatenato l'inferno. L'opposizione le aveva dato immediatamente della xenofoba, i rappresentanti delle aziende si erano indignati. Eppure la ministra aveva osato sollevare una questione abbastanza ragionevole al Congresso Conservatore. Aveva spiegato che in Gran Bretagna un giovane su dieci, tra i 18 e i 24 anni, è disoccupato e molto spesso le aziende preferiscono la manodopera straniera a quella locale. Creare una lista dei lavoratori provenienti da altri Paesi sarebbe stato uno strumento utile non solo per far emergere situazioni illegali ma anche per convincere i datori di lavoro a considerare prima le esigenze dei lavoratori britannici.

Apriti cielo. La reazione alle parole della Rudd non si è fatta attendere. «Una lista simile sarebbe come appiccicare addosso a coloro che utilizzano la manopera globale il cartellino della vergogna e questo sarebbe molto triste» ha commentato Adam Marshall, direttore generale della Camera di Commercio britannica. Andy Burnham, il ministro degli Interni ombra laburista ha rincarato la dose dicendo che «il tono di questo congresso conservatore sta diventando sempre più xenofobo. Che si parli di servizio sanitario, di migranti o di Europa, la colpa di questi fallimenti è di tutti, tranne che loro. Un'idea del genere sarebbe divisiva e discriminatoria e rischia di creare profonde ostilità negli ambienti di lavoro e nelle comunità». Strano che a dirlo sia proprio Burnham, lo stesso che lo scorso settembre aveva chiesto di mettere una quota ai calciatori stranieri nelle squadre di calcio nazionali. «É una disgrazia che la gente pensi di non poter affrontare il problema dell'immigrazione senza rischiare di venir tacciata di razzismo - ha replicato seccamente la Rudd in un'intervista radiofonica alla Bbc - dovremmo invece essere capaci di affrontare il discorso anche per comprendere che tipo di professionalità vogliamo in Gran Bretagna. Ho parlato di questa lista nell'ambito di un discorso su come favorire la nostra economia. Era uno strumento che faceva parte di una proposta che aveva come scopo assicurarsi che le aziende prendessero in considerazione la manodopera locale prima di assumere quella straniera».

La Rudd ha anche fatto un parziale passo indietro spiegando «che non si tratta di qualcosa che dobbiamo per forza fare, ma può essere uno degli strumenti da utilizzare anche per scoprire situazioni di abuso». «Di certo - ha sottolineato ancora - non volevo giustificare nessuna forma di razzismo o incoraggiare la gente a dire agli stranieri tornatene a casa, stai rubandomi il lavoro». A sostegno delle sue rassicurazioni vanno ricordate le parole dello stesso Primo Ministro May che, dallo stesso palco, aveva garantito ai lavoratori europei già operanti nel Paese, che la Brexit non avrebbe causato loro nessun danno. Sempre la Rudd ha preannunciato dei cambiamenti anche per gli studenti stranieri intenzionati a venire a studiare nelle università inglesi. In futuro è possibile che non possano più arrivare così numerosi, soprattutto quelli che scelgono i corsi più richiesti anche dalla popolazione universitaria nazionale.

L'ipotesi stavolta non è affatto piaciuta al sindaco di Londra Sadiq Khan, che la ritiene fortemente dannosa per l'immagine internazionale della capitale.

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