Politica

Londra, prove di intesa Ora Corbyn e May tentano la soft Brexit

Colloqui costruttivi tra la premier e il leader laburista, che hanno molti punti in comune

Erica Orsini

Londra May e Corbyn sfidano i propri partiti pur di salvare la Brexit. I nemici di sempre da ieri stanno tentando di trovare un compromesso dell'ultimo minuto per garantire al Paese un'uscita dall'Europa ordinata. Jeremy Corbyn ha risposto all'invito che il primo ministro britannico gli aveva rivolto due giorni fa, alla fine di un turbolento meeting di Gabinetto durato ben sette ore.

Ieri ha incontrato la May per due ore di seguito e altri incontri avranno luogo sia oggi che durante il weekend, con l'obiettivo di stilare un nuovo piano che sia una via di mezzo tra quello siglato da May a Bruxelles e quello laburista. La scelta di aprire all'opposizione è costata alla premier conservatrice altri due viceministri.

Il primo ad andarsene è stato il sottosegretario per il Galles, Nigel Adams, seguito a ruota da Chris Heaton Harris, sottosegretario al Dipartimento per l'Uscita dall'Europa. Entrambi Brexiteers convinti, ritengono che la virata verso una soft Brexit tradisca la volontà popolare.

Il primo colloquio tra May e Corbyn sembra essere stato costruttivo, ma si tratta ancora di un preliminare. Va detto che i due risultano d'accordo su molti più aspetti della Brexit di quanto si possa immaginare. La difesa dei diritti dei cittadini residenti e della sicurezza nazionale, la conferma dei benefit derivanti dalla permanenza nel mercato unico richiesti dal Labour per garantire un sostegno all'accordo trovano una May ben disposta. E Corbyn potrebbe cedere sulla fine della libera circolazione delle persone. Ben diversa è l'opinione dei rispettivi partiti che risultano molto meno concilianti dei loro leader.

I laburisti non credono alle buone intenzioni della premier, i conservatori promettono altre dimissioni a catena se l'accordo finale dovesse risultare troppo distante dalla Brexit per cui ha votato il popolo.

E mentre May guadagna tempo e si appresta a far votare un nuovo piano prima del meeting d'urgenza del Consiglio europeo del 10 aprile, in modo da prolungare l'uscita dall'Europa al 22 maggio e riuscendo così a evitare le elezioni europee, a Bruxelles rimangono alla finestra, ma fanno sapere che nessun prolungamento della Brexit sarà possibile in assenza di un accordo raggiunto dal Parlamento britannico. «Il 12 aprile è la data ultima per approvare l'accordo di ritiro ha dichiarato ieri il presidente della Commissione Europea Jean Claude Juncker se la Camera dei Comuni non si sarà pronunciata entro quella data, nessuna proroga supplementare della data fissata per la Brexit sarà possibile. Se invece il Regno Unito riuscirà ad approvare l'accordo con una maggioranza, potremmo accettare un prolungamento fino al 22 maggio».

Il Financial Times riportava ieri anche una seconda opzione. Secondo una fonte diplomatica citata dal quotidiano, nel caso la Gran Bretagna decidesse di partecipare alle elezioni europee, allora, pur di scongiurare un'uscita senza accordo, l'Unione Europea sarebbe pronta a offrire un lungo rinvio della Brexit anche fino a gennaio o ad aprile 2020. Quest'ultima ipotesi incontra però l'opposizione di attori importanti come la Francia e lo stesso negoziatore dell'Unione Michael Barnier.

Intanto sempre ieri, dopo che il Parlamento ha perso per un solo voto, quello dello Speaker, il controllo dei lavori parlamentari previsti per lunedì, la Camera dei Comuni in serata ha passato in seconda lettura la mozione presentata dalla laburista Yvette Cooper che propone di evitare il no deal chiedendo l'estensione dell'articolo 50.

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