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Lucano in una scuola per attaccare Salvini: "Un cristiano non lo vota"

L'ex sindaco di Riace invitato in una scuola per un evento sulla legalità. E ne approfitta per attaccare Salvini: "Un cristiano non lo voterebbe"

Lucano in una scuola per attaccare Salvini: "Un cristiano non lo vota"

Secondo Mimmo Lucano, un cristiano non dovrebbe votare per Salvini. Una prescrizione, questa, da ribadire perfino nelle scuole. Il sindaco di Riace, campione di quel sistema dell'accoglienza finito nel mirino della magistratura, ha lanciato un nuovo atto d'accusa contro il ministro dell'Interno. Ma stavolta lo ha fatto non nel corso di una tribuna elettorale o in una delle tante interviste concesse in questi anni, bensì in una scuola, durante un incontro con alcuni studenti di Reggio Calabria.

Lucano era stato invitato a un evento organizzato dall'istituto Panella-Vallauri nell'ambito del progetto di formazione alla cittadinanza attiva e alla legalità che la scuola reggina sta portando avanti con il dipartimento di Giustizia minorile. L'incontro prevedeva la visione del cortometraggio “Il Volo”, di Wim Wenders, e il successivo dialogo con Lucano.

Il sindaco di Riace, però, ha sfruttato l'occasione per sparare a palle incatenate contro il ministro dell'Interno.

Dopo aver precisato che, secondo lui, la società si divide tra coloro che scelgono una «una dimensione umana» e quelli che invece optano per una «dimensione inumana», Lucano ha ripreso una domanda provocatoria, attribuita al padre comboniano Alex Zanotelli: «Come può un cristiano votare per Salvini?», per poi definire quelle parole «profetiche». «Dobbiamo dirlo apertamente anche ai ragazzi. I valori del cristianesimo non c'entrano nulla con la società...», ha aggiunto il sindaco calabrese, prima di essere stoppato dai professori che gli stavano accanto: «La facciamo parlare, ma siamo in una scuola...».

Lucano, a quel punto, visibilmente infastidito per l'interruzione, ha concluso in fretta il suo intervento e si è alzato per andare via, senza nemmeno ascoltare le domande degli studenti previste dal programma.

Prima della sortita sui cristiani che votano Salvini, il sindaco si era lasciato andare a un altro paragone infelice, ma stavolta senza nominare esplicitamente il ministro: «Quello che sta accadendo oggi è lasciare in balia delle onde tante persone con questa determinazione, con questo odio. Ho visto interviste di questa persona, mentre sta mangiando, lo dice con la massima determinazione. Siamo di fronte a un nuovo Pinochet, questo è il nuovo Pinochet».

E dire che Lucano era stato invitato per una semplice testimonianza. La scuola reggina è invece diventata una tribuna politica.
Probabilmente la responsabilità di quanto accaduto è anche della preside del Panella-Vallauri, Anna Nucera, che è anche assessore all'Istruzione della città di Reggio. Fa parte, cioè, della giunta guidata dal primo cittadino del Pd Giuseppe Falcomatà, uno dei sindaci “ribelli” che nei giorni scorsi hanno protestato contro il Decreto Sicurezza voluto da Salvini.

Scegliere di ospitare Lucano, insomma, non sembra essere stata una scelta lungimirante. Anche perché “U Curdu” attualmente risulta indagato dalla Procura di Locri per il modo in cui avrebbe gestito l'intero sistema di accoglienza.

Nelle motivazioni del Tribunale del Riesame di Reggio, che ha deciso la revoca degli arresti domiciliari del sindaco e disposto il suo divieto di dimora a Riace, Lucano viene descritto come un uomo che «non può gestire la cosa pubblica né gestire denaro pubblico mai e in alcun modo.

Egli è totalmente incapace di farlo e, quel che ancor più rileva, in nome di principi umanitari e in nome di diritti costituzionalmente garantiti viola la legge con naturalezza e spregiudicatezza allarmanti».

Dagli atti, secondo il giudice Tommasina Cotroneo, emerge «un Lucano afflitto da una sorta di delirio di onnipotenza e da una volontà pervicace ed inarrestabile di mantenere quel sistema Riace rilucente all'esterno, ma davvero opaco e inverminato da mille illegalità al suo interno». Secondo quanto ricostruito dai magistrati, inoltre, uno dei criteri utilizzati dal sindaco per distribuire i fondi dell'accoglienza era la «redditività» in termini elettorali.

Avrebbe cioè calcolato i voti «che gli sarebbero derivati dalle persone impiegate presso le associazioni e/o destinatarie di borse lavoro e prestazioni occasionali; persone, molte delle quali, inutili a fini lavorativi o addirittura non espletanti l'incarico loro affidato, sovrabbondanti rispetto ai bisogni, eppure assunte o remunerate anche in via occasionale per il ritorno politico-elettorale».

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